Nel mese di novembre in una news di questo sito si erano riassunti i principali punti su cui la ricerca scientifica sul tumore epiteliale dell’ovaio si sarebbe orientata nei prossimi anni.

Punto di partenza è come sempre la conoscenza. Conoscenza non solo dei meccanismi molecolari che governano il processo di crescita e trasformazione delle cellule neoplastiche, ma anche dei processi che permetto alla massa tumorale di cresce e svilupparsi all’interno del tessuto ospite. E’ quindi necessario spostare lo sguardo verso una visone di insieme  della patologia, studiando anche  le altre componenti, non neoplastiche, che costituiscono la massa stessa del tumore come i vasi sanguinei, la matrice extra-cellulare e le cellule del sistema immunitario che sono presenti nel tessuto tumorale ma non riescono più ad esercitare la loro funzione di sorveglianza. Proprio questa conoscenza sta incominciando a dare i suoi frutti sul piano terapeutico.

Nel numero di dicembre della prestigiosa rivista americana Journal Clinical Oncology vengono riportati i dati di uno studio di fase 2 in cui si valuta l’attività e la tossicità di un nuovo farmaco che modula l’attività del sistema immunitario(1). Nivolumab,  questo è il nome della molecola, è un anticorpo monoclonale contro il recettore PD-1 presente sui linfociti T, una famiglia particolare di globuli bianchi. Lo studio è stato condotto su una piccola coorte di 44 pazienti tutte resistenti alla prima linea con il carboplatino e taxolo e per le quali purtroppo non ci sono molte scelte terapeutiche possibili. Al di al dei risultati molto preliminari dello studio, è interessante discutere il razionale.

Il ruolo del sistema immunitario nel modulare la crescita e la proliferazione tumorale è stato da sempre osservato dai ricercatori e immunologi. Sebbene il numero nei linfociti T che si infiltrano nel tessuto tumorale è sempre stato considerato come un fattore prognostico per il tumore all’ovaio, non è mai stato compreso fino in fondo perché il sistema immunitario  non riuscisse a  controllare la crescita del tumore  e i linfociti T venissero completamente inattivati o “disarmati” dalle cellule tumorali.  Anni di studio e di ricerca hanno messo in luce che sulla superficie delle cellule tumorali di diverse neoplasie  (non solo dell’ovaio ma anche di tumori come il polmone, il melanoma o il tumore renale) sono espresse in modo abnorme delle piccole molecole dette PD-L1  che si legano ai loro specifici recettori presenti sui linfociti T,  bloccandone la funzionalità. Questo è un circuito fisiologico che  controlla l’attivazione del sistema immunitario ma viene utilizzato in modo anomalo dalla cellula tumorale per garantirsi la  propria crescita, nascondendosi così al controllo del sistema immunitario.

Nivolumab fa parte di una nuova classe di molecole oggi in fase di sviluppo clinico che cercano di bloccare questa strategia della cellula tumorale, cercando di  armare nuovamente i linfociti T che si  sono infiltrati nel tumore  e ridare al nostro sistema immunitario  le sue potenzialità nel rimuovere dal nostro organismo cellule e organismi potenzialmente dannosi.

Sergio Marchini
Dipartimento di Oncologia
IRCCS-Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negr

(1) J.Hamanishi, M.Mandai, T.Ikeda, et al. Safety and Antitumor Activity of Anti–PD-1 Antibody, Nivolumab, in Patients With Platinum-Resistant Ovarian Cancer. Journal Clinical Oncology 2015;33(34):4015-4022.

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