Nonostante il riferimento ad un famoso lavoro di Pirandello, con questo articolo non si vuole parlare di buona letteratura ma di buona ricerca.

Lo scorso 15 marzo sono stati proclamati i vincitori del bando “Roche per la ricerca Scientifica indipendente”: le candidature sono state molte, più di 330 e tra gli otto vincitori è presente anche il Dipartimento di Oncologia dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.

Il progetto proposto riguarda lo studio del tumore ovarico stadio 1 e si basa sui risultati ottenuti dalla precedente collaborazione tra diverse istituzioni di ricerca (Istituto “Mario Negri”, Università di Padova) e cliniche (Università di Milano-Bicocca, Ospedali Civili di Brescia e Città della Salute di Torino).
Questo tipo di tumore ovarico è raro e ancora poco studiato ma, unendo le forze, i ricercatori hanno potuto mettere assieme oltre 200 casi di biopsie di pazienti con diagnosi di tumore all’ovaio stadio 1, attraverso le quali è stato possibile individuare una firma molecolare integrata. È stato dimostrato in diversi studi come questa firma molecolare possa essere uno strumento prognostico – cioè un indicatore di come, con ogni probabilità, sarà il decorso della malattia – in grado di predire se una paziente è a rischio di recidive dopo l’intervento chirurgico.

L’obiettivo del progetto vincitore coordinato dall’IRCCS Istituto Mario Negri è quello di validare il test della firma molecolare andandolo a testare su circa 400 pazienti. In questo modo si potrà sapere, sin dalla diagnosi, se il tumore è aggressivo e quindi se necessita di un trattamento farmacologico potente, o se è presente in forma più benigna. Potendo prevedere con una certa sicurezza quello che sarà “il futuro del tumore” si andrà a trattare ogni caso nella maniera più opportuna, risparmiando dosi di chemioterapia a pazienti per le quali non sono necessarie e, allo stesso tempo, intervenendo precocemente e con dosi adeguate nelle pazienti più a rischio.


Un momento della premiazione

Dietro a ogni progetto ovviamente c’è un gruppo di persone, coordinato – nel nostro caso – dal Dott. Sergio Marchini, ricercatore del Dipartimento di Oncologia, al quale sono state rivolte alcune domande per capire il “dietro alle quinte”.

Come è venuta l’idea di partecipare al bando e di sviluppare un progetto come questo? L’idea di partecipare è venuta un po’ per caso, dato che si trattava di un bando per oncoematologia e non propriamente per tumori dell’ovaio.  L’idea del progetto invece è nata da una domanda che il prof. Mangioni, medico ginecologo che per decenni ha collaborato con il nostro Istituto, si è posto nel lontano 2001. La sua proposta è stata quella di istituire una biobanca – cioè un “deposito” di materiale biologico a fini di ricerca – per cercare di capire se ci fosse una ragione specifica del fatto che alcune pazienti con tumore ovarico stadio 1 rispondessero bene alla terapia, mentre altre sviluppassero recidive. Dall’idea si è quindi passato ai fatti e tutto questo è stato reso possibile da un lavoro di squadra multidisciplinare composta da un biologo, un biostatista, un bioinformatico e da medici. L’eterogeneità nel nostro gruppo ha guidato e caratterizzato anche il nostro progetto arrivando alla scoperta della “firma molecolare integrata” che non è altro che un’informazione ricavata da un insieme di geni diversi tra loro, proprio come siamo “diversi” noi.


Il gruppo di lavoro

Qual è l’età media e la prevalenza della componente femminile nella squadra? Siamo un gruppo giovane e direi ben distribuito.

Cosa ci vuole per vincere un bando come questo? Fortuna senza dubbio, ma non basta! Deve esserci anche il supporto dei dati e del lavoro svolto includendo anche i fallimenti con i quali inevitabilmente ci si deve confrontare, nonché la difficoltà di affidare uno studio importante a un gruppo di lavoro giovane. È importante infatti anche la credibilità ed è per questo che è meglio esser supportati da “giganti” del mestiere. Prima di tutto però è fondamentale che crediamo noi stessi in quello che stiamo facendo, mettendosi in discussione quando serve, per poter poi convincere anche gli altri a darci fiducia.”

Silvia Radrezza
IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri
Laboratorio di ricerca sul coinvolgimento dei cittadini in sanità
Dipartimento di Salute Pubblica

Per approfondire:
https://www.fondazionemattioli.it/news/120-pandora-la-biobanca-dei-tumori-ovarici
https://www.fondazionemattioli.it/news/122-biopsia-liquida-e-diagnosi-precoce 
https://www.fondazionemattioli.it/news/56-le-informazioni-molecolari-possono-aiutare-nella-decisione-della-terapia-cosa-ci-dice-una-revisione

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