Quante volte nella nostra vita abbiamo detto “…se l‘avessi saputo prima”, “…se avessi dato ascolto a quella persona”, “…se ci fosse stata tutta questa tecnologia ai miei tempi”, “…se abitassi in un altro Paese” ecc… Queste frasi, che sembrerebbero solo dei rimandi al passato, potrebbero in qualche situazione aver determinato e condizionato l’intero vissuto di una persona.
Se pensiamo infatti ai pazienti oncologici di qualche anno fa e li confrontiamo con i nuovi casi, noteremo subito, nella maggioranza dei pazienti, una notevole diversità nel decorso della malattia, nelle tecniche di diagnosi o di cura e nel grado di assistenza offerto. L’applicazione delle conoscenze tecnologiche in campo sanitario fa sicuramente la differenza per molte persone. Prima di pensare alla terapia o all’intervento chirurgico occorre determinare la presenza e le caratteristiche di una certa patologia. Per fare ciò ci si affida, in generale, a delle procedure o esami diagnostici. Volendoci concentrare sulle malattie oncologiche, in particolare sul tumore ovarico, la diagnosi, ad oggi, viene accertata attraverso molteplici tecniche anche se le principali sono la “Risonanza Magnetica per Immagini” (MRI) e la “Tomografia ad Emissione di Protoni Computerizzata” (PET). La prima permette di ottenere “immagini anatomiche” o strutturali degli organi, la seconda invece è indicata per ricavare informazioni funzionali, metaboliche e biochimiche dei tessuti.
Risonanza Magnetica per Immagini
La tecnica di Risonanza Magnetica per Immagini permette di ottenere immagini ad alta definizione e tridimensionali dell’interno del corpo umano, in particolare dei tessuti molli. È una delle pratiche diagnostiche più utilizzate in ambito oncologico ma non solo; è di fatto innocua per il paziente, dato che non sfrutta radiazioni ma campi magnetici prodotti direttamente dal nostro corpo grazie alle proprietà fisiche dell’atomo di idrogeno. È in grado inoltre di distinguere tra lesioni ovariche benigne e maligne.
Tomografia ad Emissione di Protoni Computerizzata
È una metodologia diagnostica che ci permette di avere un’idea della dimensione e della localizzazione del tumore grazie all’uso di radio-farmaci, cioè sostanze radioattive, che vengono somministrati per via endovenosa. Distribuendosi nel corpo, il radio-farmaco permette di capire la funzionalità dei diversi organi. La quantità di farmaco è minima per cui non è un esame pericoloso o tossico. L’immagine diagnostica ottenuta è poi rielaborata al computer è interpretata da medici specialisti.
Perché non combinare queste due tecniche in un singolo strumento diagnostico più valido, accurato e completo?
È proprio quello che si è pensato di fare qualche anno fa. Nel 2014, un articolo pubblicato nel “Journal of Nuclear Medicine” come titolo riportava: “Applicazione di PET/MRI nella clinica oncologica: nuovi orizzonti”. È infatti di recente introduzione, anche se ancora in fase di perfezionamento, uno strumento che unisce la tecnica di “Tomografia ad Emissione di Protoni Computerizzata” a quella di “Risonanza Magnetica per Immagini”, PET/MRI per l’appunto, che di fatto “combina la precisione di analisi dei tessuti molli della MRI con le informazioni metaboliche riguardo la biologia del tumore fornite dalla PET”. In questo modo, con un singolo esame potremmo avere informazioni più complete riguardo la presenza e lo stadio del tumore e saremmo anche in grado di monitorare più efficacemente la risposta alla terapia farmacologica permettendo, di conseguenza, la riduzione dei costi per il sistema sanitario e l’accelerazione dei tempi di diagnosi e quindi di trattamento. PET/MRI inizialmente è stato testato in campo neurologico e nei tumori testa-collo, ma da subito si sono dimostrate promettenti anche le sue applicazioni in tumori della zona addominale-pelvica. Ha dato ottimi risultati anche in oncologia pediatrica e nelle donne in gravidanza. La consistente diminuzione della quantità di radiazioni necessaria per effettuare l’esame, l’ha infatti reso ideale soprattutto per queste popolazioni di pazienti. Per assicurare la validità e la superiorità di PET/MRI rispetto alle tecniche già in uso, sono stati condotti diversi test di confronto. A questo proposito, nel 2015 è stato pubblicato sull’ “European Radiology-Nuclear Medicine” uno studio che andava a comparare l’accuratezza diagnostica della PET/MRI con quella della singola “Tomografia ad Emissione di Protoni Computerizzata” in 26 pazienti con tumori ginecologici diversi (cervice, utero, endometrio, peritoneale) o con il sospetto di patologia. Dall’analisi dei risultati ottenuti si è visto come PET/MRI sia superiore rispetto alla tecnica diagnostica singola nel delineare la progressione del tumore, soprattutto per quelli a cervice ed endometrio, determinando in alcuni casi anche un cambio di terapia. Al contrario, per l’individuazione di metastasi distanti dalla zona addominale, la “Tomografia ad Emissione di Protoni Computerizzata” si è dimostrata più accurata.
Per quanto riguarda invece la scoperta della neoplasia, non è stata riscontrata una differenza significativa tra le due tecniche. Per una maggiore trasparenza, è doveroso riportare che alcuni tra gli autori dello studio citato hanno dichiarato conflitti d’interesse con aziende produttrici di PET/MRI quali GE Healthcare, Phillips e Siemens. Il risultato di una ricerca di letteratura approfondita sullo stesso tema, pubblicata nel 2016 nel “Journal of Nuclear Medicine”, riporta conclusioni sovrapponibili sostenendo l’applicabilità di PET/MRI in praticamente tutti i tipi di tumore, ma allo stesso tempo confermandone alcune limitazioni soprattutto nell’individuazione delle metastasi. La combinazione di “Risonanza Magnetica per Immagini” e“Tomografia ad Emissione di Protoni Computerizzata” è vista anche in questo caso come una valida e promettente alternativa di diagnosi. Si ritengono però necessari non solo ulteriori studi di confronto fra le due singole tecniche, per capirne a fondo le rispettive proprietà, ma anche test e perfezionamenti dello strumento PET/MRI in sviluppo, in vista di una possibile sostituzione delle tecniche ora in uso con questa più moderna e, si spera, accurata. Queste indicazioni sono state formulate dopo l’analisi dei dati riportati da 46 studi clinici precedentemente condotti che hanno coinvolto complessivamente oltre 2.300 pazienti oncologici. Anche in questo caso, gli autori dichiarano conflitti d’interesse con aziende produttrici del settore: Sofie Biosciences, Momentum Biosciences, e Trethera Corporation.
In linea con quanto appena affermato, nei mesi scorsi, la Cochrane Collaboration, organizzazione no-profit nata con lo scopo di raccogliere e valutare criticamente le informazioni relative all’efficacia degli interventi sanitari, ha pubblicato un protocollo, cioè la descrizione di un progetto di ricerca o, in questo caso, di revisione completa della letteratura riguardo un certo argomento, per raccogliere tutti gli studi che mettono a confronto la “Risonanza Magnetica per Immagini” con la “Tomografia ad Emissione di Protoni Computerizzata” nel trattamento dei tumori ginecologici allo stadio avanzato. Da questa ricerca si potrà avere un quadro complessivo di entrambi gli strumenti, utile in un secondo momento per andare a combinarli nel modo più appropriato.
In conclusione, come è stato più volte sottolineato, il tumore ovarico resta ad oggi la causa principale di mortalità tra le patologie oncologiche ginecologiche, anche se: “Questo alto tasso di mortalità è attribuibile in parte alla carenza di strumenti clinici e radiologici/diagnostici in grado di identificare la neoplasia già ai primi stadi. Questa ipotesi è sostenuta da dati statistici; se ci fosse la diagnosi a uno stadio primitivo del tumore, il 90% delle pazienti potrebbero essere efficacemente trattate e curate.“ (Sharma et al. 2016).
La direzione presa, cioè quella di puntare sull’innovazione diagnostica, sembra essere quindi la più appropriata anche se necessita ancora di importanti conferme.
Silvia Radrezza
Laboratorio di ricerca sul coinvolgimento dei cittadini in sanità
Dipartimento di Salute Pubblica
IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri
Per saperne di più:
http://www.partecipasalute.it/cms_2/node/1847
https://www.fondazionemattioli.it/la-ricerca/ricerca-clinica/vedi-tutti-gli-articoli/17-diagnosi-precoce
https://www.fondazionemattioli.it/news/105-lo-screening-del-tumore-ovarico-notizie-ancora-insoddisfacenti
Riferimenti:
SasanPartovi , Andres Kohan et al., Review Article Clinical oncologic applications of PET/MRI: a new horizon, Am J Nucl Med Mol Imaging 2014;4(2):202-212 www.ajnmmi.us /ISSN:2160-8407/ajnmmi1309002https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3992213/pdf/ajnmmi0004-0202.pdf
Marcelo A. Queiroz et al., PET/MRI and PET/CT in advanced gynaecological tumours: initial experience and comparison, Nuclear Medicine First Online: 29 May 2015 DOI: 10.1007/s00330-015-3657-8
https://link.springer.com/article/10.1007/s00330-015-3657-8
Sai Kiran Sharma et al., Molecular Imaging of Ovarian Cancer, J Nucl Med. 2016 June ; 57(6): 827–833.doi:10.2967/jnumed.115.172023.https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5047520/pdf/nihms808394.pdf
Claudio Spick, Ken Herrmann et al.,18F-FDG PET/CT and PET/MRI Perform Equally Well in Cancer: Evidence from Studies on More Than 2,300 Patients, First published January 7, 2016, doi: 10.2967/jnumed.115.158808 J Nucl Med March 1, 2016 vol. 57 no. 3 420-430http://jnm.snmjournals.org/content/57/3/420.short
Hoogendam JP, Roze JF, et al. Positron emission tomography (PET) and magnetic resonance imaging (MRI) for assessing tumour resectability in advanced epithelial ovarian, fallopian tube and/or primary peritoneal cancer. Cochrane Database of Systematic Reviews 2017, Issue 3. Art. No.: CD012567. DOI: 10.1002/14651858.CD012567.http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/14651858.CD012567/pdf
Per approfondire:
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1556859816300530http://www.neuroscienzedipendenze.it/mri.html