L’8 maggio scorso si è celebrata la Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico, giunta quest’anno alla sua quinta edizione e istituita dal Comitato internazionale del Cancro Ovarico “Ovarian Cancer Committee”.
Il tumore dell’ovaio è il più insidioso tra i tumori ginecologici e il sesto per ordine di diagnosi tra le donne con circa 250mila nuovi casi ogni anno nel mondo. L’8 maggio di ogni anno, 107 associazioni di 31 Paesi si danno appuntamento per aumentare la consapevolezza e la sensibilità su questo tema, non solo da parte delle pazienti e dei loro familiari, ma anche da parte della popolazione.
Anche se per tutti le parole chiave di quest’anno sono state “informazione e diagnosi precoce”, sono state interpretate e tradotte in numerose e differenti iniziative. Diamo alcuni esempi:
L’associazione per il cancro ovarico canadese, Ovarian Cancer Canada ha puntato sull’utilizzo del web e dei social media, come Facebook o Twitter, per far sentire la voce delle pazienti e quella di tutti coloro che vogliono sostenerle, per far in modo che il governo impieghi più fondi per la ricerca per il tumore ovarico e che l’accesso alle cure sia reso più semplice. In Australia invece è stata organizzata una raccolta fondi per finanziare la ricerca e andare incontro ai bisogni delle donne colpite dalla malattia.
E qui in Italia?
L’Associazione Alleanza contro il tumore ovarico ACTO Onlus ha previsto diverse proposte che hanno coinvolto un po’ tutto il territorio italiano. A Milano si è tenuta una conversazione focalizzata sul lato psicologico-emozionale del percorso di guarigione; a Monza è stato possibile accedere all’ospedale San Gerardo per visite ginecologiche gratuite; a Roma si è tenuta una cena di raccolta fondi per il finanziamento di un nuovo progetto di supporto telefonico alle pazienti e ai loro familiari; a Torino un incontro di informazione riguardo i test genetici per la diagnosi; a Bari un incontro sulle terapie complementari.
L’incontro tenutosi a Milano, “Oltre il Tumore, oltre la cura: come attivare le risorse per favorire il percorso di guarigione”, ha affrontato il tema dal punto di vista psicoterapeutico ed emozionale grazie alla partecipazione di Elisa Faretta, psicologa e psicoterapeuta, di Vittorio Soresi, pneumologo, oncologo e patologo e di Roberta Nicoli, psicologa e psicoterapeuta.
Sin da subito si è instaurato un clima di confidenzialità e di ascolto perché, come è stato più volte ripreso, “questo incontro è per voi”. Dopo un’introduzione generale si è passato a parlare del collegamento che c’è tra “malattia clinica” e sfera psicologica dell’individuo. Fino a poco tempo fa la cura del corpo era considerata primaria e molto più rilevante rispetto alla cura della mente, l’importante infatti era “portare a casa il corpo”. Adesso la visione sembra essere cambiata; non c’è il benessere fisico se non c’è, di pari passo, anche quello psicologico. A prova di ciò, anche l’efficacia del cosiddetto “effetto placebo o di quello “nocebo”, cioè un fenomeno patologico che si verifica in alcuni soggetti particolarmente suggestionabili che, temendo l’insorgere di un sintomo, ne favoriscono la comparsa, è stata presentata come correlata al nostro vissuto emozionale nei primi tre anni di vita.
La conversazione si è poi spostata sul tema centrale dell’incontro ovvero il metodo EMDR –Eye Movement Desensitization and Reprocessing – e sulla sua utilità nell’aiutare le pazienti nel loro percorso di malattia. Il tumore è di per sé un evento traumatico che colpisce la persona, e di riflesso i suoi familiari a vari livelli e che può essere “metabolizzato” più o meno in fretta e più o meno a fondo. L’EMDR è ad oggi considerata la tecnica psicoterapeutica per eccellenza nella risoluzione dei traumi psicologici grazie alla sua capacità di determinare un cambiamento a livello neurobiologico, di aumentare l’abilità del paziente ad adattarsi alle situazioni negative rendendolo, in generale, maggiormente in grado di affrontare le sfide future. Questa tecnica ha ottenuto il riconoscimento d’efficacia da parte di numerose organizzazioni, tra le quali l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Cos’è l’EMDR?
Si tratta di un approccio terapeutico individuato una trentina d’anni fa e utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, in particolar modo allo stress post-traumatico.
Punto di partenza è il ricordo dell’esperienza traumatica originaria; si indaga su quali sia lo stato d’animo e le aspettative in quel momento; viene poi delineato e fatto immaginare al paziente un “luogo sicuro”, come ad esempio la sua casa, ascoltate le emozioni e i pensieri che quel luogo sta suscitando e attraverso l’utilizzo di movimenti oculo-manuali alternati a destra e sinistra eseguiti dallo psicoterapeuta, in collaborazione con lo stesso paziente, i ricordi negativi legati a quella situazione perdono la loro intensità e la persona riesce ad avere una visione distaccata di quell’evento. Quello che si vuole ottenere con questa tecnica è dunque una rivisitazione positiva dell’esperienza che ha determinato il trauma.
A questa parte più teorica è seguita una discussione aperta e di confronto con il racconto di esperienze personali. Quello che è emerso è soprattutto la necessità di aumentare la componente empatica del personale sanitario nei confronti dei pazienti per far sì che situazioni inevitabilmente legate al percorso della malattia come la diagnosi, le visite, le chemio o le eventuali ricadute, siano vissute nel modo più sereno e guidato possibile.
È importante del resto affiancare anche i medici e gli infermieri con un percorso di sostegno psicologico in modo che non si rifugino nel distaccamento dal paziente per non essere coinvolti emotivamente nelle situazioni, spesso difficili, con le quali si confrontano quotidianamente, ma che comprendano e collaborino insieme al paziente per una guarigione a tutto tondo.
Il messaggio da portare a casa è quindi che lo star bene di una persona è completo se viene curato non solo il corpo ma anche la sfera psicologica. Nuove tecniche e opportunità sono oggi offerte ai pazienti, indipendentemente dalla loro patologia, e ai loro familiari per rendere anche la malattia un’opportunità di crescita e non solo di sofferenza.
Silvia Radrezza
Laboratorio di ricerca sul coinvolgimento dei cittadini in sanità
Dipartimento di Salute Pubblica
IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri
Per approfondire:
http://www.actoonlus.com/news–eventi/giornata-mondiale-sul-tumore-ovarico/2017—italia—milano-oltre-il-tumore-oltre-le-cure-alla-libreria-open
http://www.actoonlus.it/it
http://emdr.it/