Il mese scorso, il “Comitato per i Medicinali per Uso Umano” di EMA, l’agenzia europea del farmaco, ha espresso parere positivo riguardo alla nuova formulazione del principio attivo olaparib, prescritto per tumore ovarico recidivante platino-sensibile. Sebbene non si tratti di un farmaco di nuova introduzione in quanto già in commercio da alcuni anni anche in Italia, è stato riformulato in modo da consentire una riduzione delle unità da assumere per ogni dose mantenendo tuttavia le indicazioni terapeutiche originarie.

La novità sta infatti che d’ora in poi saranno sufficienti due compresse da 100mg o 150mg due volte al dì, a differenza della formulazione corrente che invece richiede la somministrazione di otto compresse da 50mg al dì.

Olaparib: di cosa si tratta?
È un potente inibitore di proteine quali PARP-1, PARP-2 e PARP-3, presenti all’interno del nucleo cellulare e principalmente coinvolte nei meccanismi di riparazione dei danni a carico del DNA. Attraverso il suo meccanismo d’azione, olaparib è in grado di bloccare in modo mirato l’intervento di queste proteine interrompendo quindi la crescita delle cellule tumorali e stabilizzando la malattia.

Su cosa si basa il parere positivo?
La raccomandazione si basa sui risultati di uno studio basato su circa 300 pazienti, lo studio SOLO2 conclusosi lo scorso anno e pubblicato su Lancet Oncology, nel quale sono stati messi a confronto 150mg di olaparib somministrato due volte al dì con placebo, misurando la “progressione libera da malattia”, ovvero il periodo di tempo senza peggioramento del quadro clinico, e il profilo di sicurezza.
Il gruppo di pazienti trattate con il farmaco ha mostrato un incremento del periodo di stabilità della malattia di circa 14 mesi rispetto al gruppo di controllo (19.1 vs 5.5 mesi) registrando inoltre complessivamente pari livelli di sicurezza del placebo, ad eccezione dei casi di anemia, molto più frequenti nel gruppo in trattamento (19% vs 2%).

L’alternativa terapeutica proposta, ovvero olaparib in due compresse da 100 o 150 mg due volte al dì, non è ancora disponibile in commercio trattandosi per ora solo di un parere di uno degli organi dell’EMA. Bisognerà aspettare dunque l’approvazione ufficiale dell’EMA stessa nonché dell’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, per quanto riguarda il nostro Paese.

La nuova formulazione di olaparib è sotto osservazione anche in uno studio clinico di fase II promosso dall’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e denominato “BAROCCO”. Lo studio vede il coinvolgimento di alcuni centri italiani attraverso i quali è stato possibile contattare circa 100 pazienti con carcinoma ovarico resistente al trattamento con farmaci a base di platino. Le pazienti sono assegnate casualmente a ricevere il principio attivo paclitaxel per via endovenosa come terapia standard con cadenza settimanale oppure, come terapia sperimentale, l’associazione di olaparib (2 compresse da 150mg due volte al dì) e cediranib (1 compressa da 20 mg al dì), altro nuovo farmaco indicato per carcinoma ovarico. Questa combinazione terapeutica è stata proposta a donne “platino-resistenti” e non a pazienti che hanno riportato benefici dall’uso di farmaci a base di platino, contrariamente all’attuale indicazione di messa in commercio per olaparib. La scelta è stata fatta sulla base di dati provenienti da uno studio clinico che ha dimostrato come olaparib somministrato insieme a cediranib sia efficace anche in pazienti soggette a ricadute ma senza la mutazione dei geni maggiormente coinvolti in questo tipo di tumore, i geni BRCA. L’assenza di questa specifica mutazione è infatti una caratteristica nella popolazione di donne non sensibili ai trattamenti a base di platino.
Nello studio BAROCCO nel gruppo sperimentale sono inoltre previste due modalità di assunzione dei farmaci: una “continua”, cioè tutti i giorni della settimana, una “intermittente” nella quale il cediranib è sospeso per due giorni a settimana al fine di ridurne la tossicità gastrointestinale osservata in studi precedenti.
Lo studio ha l’obiettivo di valutare se l’associazione di olaparib e cediranib sia più efficace nel prolungare i tempi di progressione della malattia o decesso rispetto alla singola somministrazione di paclitaxel. Inoltre, un secondo obiettivo è quello di confrontare la sicurezza delle due modalità di somministrazione del trattamento sperimentale (intermittente vs continua). Lo studio è attualmente in corso e la sua chiusura è prevista per fine giugno 2018.

Complessivamente dunque, buone notizie nel fronte di una facilitazione terapeutica che andrà, con ogni probabilità, a tradursi in una migliore aderenza al regime di prescrizione.
È tuttavia importante sottolineare come rimanga fondamentale anche la qualità e la correttezza degli studi condotti a monte della messa in commercio di nuovi prodotti o formulazioni di principi attivi già in uso.

Silvia Radrezza
Laboratorio di ricerca sul coinvolgimento dei cittadini in sanità
Dipartimento di Salute Pubblica
IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri

Riferimenti
http://www.ema.europa.eu/ema/index.jsp?curl=pages/medicines/human/medicines/003726/smops/Positive/human_smop_001270.jsp&mid=WC0b01ac058001d127
http://www.thelancet.com/journals/lanonc/article/PIIS1470-2045(17)30469-2/abstract
Per approfondire
http://www.ema.europa.eu/docs/it_IT/document_library/EPAR_-_Product_Information/human/003726/WC500180151.pdf
https://www.fda.gov/Drugs/InformationOnDrugs/ApprovedDrugs/ucm592357.htm

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