Si sente spesso parlare di “mutazioni nel DNA” come causa principale di insorgenza di tumori o come causa principale di resistenza ad una terapia con farmaci. Ma non tutte le mutazioni sono uguali. Per cercare di spiegare meglio questo concetto si parte dai risultati di un lavoro scientifico pubblicato di recente dal Dipartimento di Oncologia dell’Istituto Mario Negri (Ballabio et al. IJC 2019). Studiando e catalogando i diversi tipi di mutazioni presenti nel DNA delle cellule tumorali di pazienti affette da tumore epiteliale maligno dell’ovaio sieroso ad alto grado (HGEOC), i ricercatori hanno identificato sul cromosoma 3 e sul cromosoma 8 due piccole regioni di DNA che contengono una maggior quantità di DNA (amplificazione genica) rispetto a quello contenuto in una cellula normale.
Quali e quanti tipi diversi di mutazioni abbiamo?
In passato si è più volte sottolineato quanto sia importante distinguere tra mutazioni somatiche e mutazioni germinali, senza porre l’accento sulla natura di queste mutazioni. Per rendere semplice un argomento complesso, si può dire che esistono almeno due grandi famiglie di mutazioni: le mutazioni puntiformi e le mutazioni strutturali.
Le mutazioni puntiformi sono i classici cambi nella sequenza del codice del DNA. Queste sostituzioni di una singola base del DNA posso cambiare il “messaggio” contenuto nella sequenza stessa. Il risultato è quello di avere una proteina completamente diversa, che non funziona più oppure che funziona in modo completamente diverso rispetto alla proteina originale.
Le mutazioni strutturali sono alterazioni a carico della struttura stessa del DNA, sono una classe molto eterogenea e complessa di mutazioni, e nella loro forma più semplice possono causare un aumento o una diminuzione della quantità di DNA presente all’interno della cellula. Questo tipo di mutazioni sono chiamate con il termine di Copy Number Variation (CNV). Le CNV hanno un effetto sul dosaggio della quantità di proteina prodotta. La proteina ha sempre la stessa funzione ma ne abbiamo molta di più, in caso di amplificazione del DNA, oppure molta di meno in caso di perdita di materiale genetico.
I tumori epiteliali maligno dell’ovaio sieroso ad alto grado sono caratterizzati da un grosso numero di CNV, mentre tumori come il melanoma o il tumore al polmone sono caratterizzati da un maggior numero di mutazioni puntiformi. Queste nuove conoscenze stanno delineando un quadro molto complesso sui profili mutazionali dei tumori solidi, evidenziando per la prima volta i diversi processi molecolari che portano all’insorgenza del tumore e alla progressione di una cellula normale verso la malignità.
Le alterazioni Copy Number Variation, di tipo focale e ricorrente
Come tutte le alterazioni cromosomiche, le CNV possono essere piccole (focali) oppure di dimensioni molto molto grandi, fino ad interessare un intero cromosoma. Partendo dal concetto che le CNV sono uno degli eventi molecolari fondamentali nel percorso di trasformazione neoplastiche dei tumori epiteliali maligno dell’ovaio sieroso ad alto grado, i ricercatori dell’Istituto Mario Negri hanno cercato di identificare le più piccole regione di DNA che risultassero sempre amplificate o delete, ossia che fossero “focali e ricorrenti”, in ogni biopsia tumorale di ogni singola paziente con questa diagnosi. Identificare una regione di CNV focale e ricorrente vuol dire identificare quella caratteristica alterazione nella struttura del DNA che si presenta in una cellula fin dall’inizio del suo percorso di trasformazione neoplastica, viene condivisa da ogni singola cellula tumorale (clonale) e siccome fornisce un vantaggio alla crescita stessa del tumore, viene conservata nel genoma tumorale e ne diventa una caratteristica costante.
Un nuovo metodo di studio
Un ostacolo all’identificazione delle regioni di CNV focali e ricorrenti è rappresentato dalla marcata eterogeneità molecolare, clinica e patologica che contraddistingue proprio i tumori epiteliali maligno dell’ovaio sieroso ad alto grado. Sappiamo infatti che la risposta delle pazienti è imprevedibile alla diagnosi e che la malattia quando recidiva ha caratteristiche molecolari completamente diverse dalla malattia all’esordio. Questo probabilmente può incidere sulla risposta alla seconda linea di terapia. Molti studi sono stati fatti in passato facendo analisi molecolari solo ed esclusivamente sulla biopsia presa in sede ovarica alla prima diagnosi, andando poi a confermare i dati su coorti molto ampie di pazienti, sempre e solo guardando le caratteristiche molecolari della biopsia ovarica. Purtroppo, i risultati di questo approccio sono sempre stati deludenti perché sappiamo che la fotografia molecolare fatta in sede ovarica non corrisponde alla fotografia molecolare fatta nelle biopsie in altre sedi sia prima che dopo la terapia. Partendo da questo limite e grazie alla collaborazione di chirurghi e oncologi di diversi centri clinici italiani, i ricercatori del Mario Negri hanno adottato una strategia completamente diversa. Invece che partire analizzando di tanti casi di tumore epiteliale maligno dell’ovaio sieroso ad alto grado solo una sede bioptica, hanno preferito studiare pochi casi di cui avevano tante biopsie diverse, prese in diverse sedi sia prima che dopo la terapia. Questo approccio ha permesso di superare l’eterogeneità spaziale e temporale dei tumori epiteliali maligno dell’ovaio sieroso ad alto grado e di identificare e regioni focali di CNV comuni tra tutte le sedi, tra i diversi campioni prima e dopo la terapia. Solo successivamente i risultati sono stati confermati nei grandi database internazionali per accertarsi che le regioni identificate fossero una caratteristica esclusiva dei tumori epiteliali maligno dell’ovaio sieroso ad alto grado e non un dato peculiare della coorte in esame.
Quali risultati si sono ottenuti?
Due piccole regioni presenti sul cromosoma 3 e sul cromosoma 8 (3q26.2 e 8q24.3) sono presenti in tutte le cellule di ogni singola biopsia tumorale, sia prima che dopo la terapia e sono una caratteristica dei tumori epiteliali maligno dell’ovaio sieroso ad alto grado. In queste due regioni sono codificati solo 16 geni, di cui si sa ancora molto poco dal punto di vista funzionale. E’ verosimile pensare sulla base delle esperienze pregresse con altri tumori che l’aumento di materiale genetico comporti una aumentata espressione di questi geni e questo rappresenti un evento fondamentale per permettere alla cellula tumorale di progredire e crescere verso la malignità. Da questa osservazione sono in partenza tutta una serie di studi funzionali per capire come e perché questi 16 geni contribuiscono alla crescita della cellula tumorale e se possono essere importanti dal punto di vista terapeutico per sviluppare in futuro nuove terapie con farmaci.
Sergio Marchini
Dipartimento di Oncologia
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS
Per saperne di più
Ballabio S, et al., “Multisite analysis of high-grade serous epithelial ovarian cancers identifies genomic regions of focal and recurrent copy number variation in 3q26.2 and 8q24.3£. Int J Cancer. 2019 Mar 20. doi: 10.1002/ijc.32288.