Mediante un semplice prelievo di sangue è oggi possibile diagnosticare con largo anticipo la ricomparsa delle metastasi nelle pazienti affette da tumore epiteliale maligno dell’ovaio sieroso ad alto grado. Questo è il risultato di un importante lavoro scientifico appena pubblicato sulla prestigiosa rivista americana Clinical Cancer Research e che ha visto impegnati ricercatori italiani che lavorano presso il Dipartimento di Oncologia dell’Istituto Mario Negri IRCCS di Milano, l’Ospedale San Gerardo di Monza, l’Università di Padova e l’Harvard Medical School di Boston.

Nelle precedenti Newsletters abbiamo già affrontato il tema della biopsia liquida evidenziando come attraverso un semplice prelievo di sangue sia oggi possibile per diversi tumori umani avere continue e aggiornate informazioni sulle caratteristiche molecolari della malattia così da migliorarne sia la diagnosi sia la prognosi. Grazie ai risultati di questo studio, nei prossimi anni la biopsia liquida potrà avere un futuro clinico anche per i tumori ovarici. Una serie di domande guiderà la lettura entrando più nel dettaglio del lavoro e mettendo in luce i principali risultati nonché alcuni limiti.

 

 

Come è stato organizzato lo studio?

Lo studio è di tipo retrospettivo, ossia è stato condotto su una collezione di plasmi e tessuti bioptici raccolti negli anni passati e opportunamente conservati nella biobanca “Pandora” dell’Istituto Mario Negri. Lo studio ha coinvolto 46 pazienti con diagnosi di tumore ovarico sieroso ad alto grado in cura presso l‘Ospedale San Gerardo di Monza. La partecipazione volontaria delle pazienti a questo protocollo di studio (attraverso la formula del consenso informato), la raccolta meticolosa dei campioni e la loro corretta conservazione nella biobanca, sono da sempre uno dei cardini su cui si basa il progresso scientifico e rappresentano uno dei momenti fondamentali che guidano il cammino della ricerca scientifica.

 

Come si identifica il DNA tumorale circolante?

Il DNA tumorale circolante è presente in quantità infinitesimali all’interno del plasma e ancora poco sappiamo sulla sua stabilità. Utilizzando le nuove tecnologie di sequenziamento del DNA unite a potenti algoritmi di calcolo, i ricercatori hanno messo a punto una metodica in grado di distinguere in modo chiaro il DNA tumorale circolante dal DNA circolante proveniente dai tessuti normali. Questa distinzione è stata possibile non solo grazie al progresso tecnologico, ma anche grazie a tutte le conoscenze di base acquisite in questi anni che hanno permesso una caratterizzazione fine del genoma tumorale delle pazienti affette da tumore epiteliale maligno dell’ovaio.

 

Quali informazioni si ottengono con questa metodica?

Il test messo a punto dai ricercatori italiani permette di avere informazioni sia di tipo qualitativo sia quantitativo. Dal punto di vista quantitativo, il saggio permette di sapere ad ogni prelievo di sangue quanto DNA tumorale circolante è presente e quindi indirettamente dare informazioni sulla dimensione della malattia che sta ricominciando a crescere (i.e., recidiva) dopo la chemioterapia. Grazie alle tecniche di sequenziamento utilizzate è possibile anche ad avere informazioni di tipo qualitativo, cioè è possibile per la prima volta leggere direttamente il genoma della recidiva e capire quali sono le alterazioni molecolari che la caratterizzano e quanto queste siano simili a quelle del tumore iniziale. Questo aspetto è importante perché, come più volte sottolineato in passato, il tumore cambia nel tempo le proprie caratteristiche cliniche e biologiche e non si conosce mai quale è il bersaglio terapeutico migliore per controllare la crescita della recidiva.

 

Quali sono i principali risultati?

Lo studio ha dimostrato che grazie ad un prelievo di sangue è possibile intercettare i primi momenti in cui la malattia inizia a ricrescere dopo un iniziale risposta alla terapia. Ricordiamo che questo è uno dei principali problemi clinici nella terapia dei tumori ovarici, in quanto gli attuali strumenti di indagine a nostra disposizione come il CA-125 o la TAC sono poco sensibili non riuscendo a definire con precisione il momento in cui la malattia ricomincia a crescere. Grazie alla sensibilità del test, è possibile anticipare la diagnosi di recidiva di almeno 240 giorni, quasi 8 mesi, rispetto a quanto è possibile oggi fare con i normali mezzi diagnostici a disposizione.

 

È un test utilizzabile in clinica?

Pur basando su tecnologie molto sofisticate e complesse, lo sforzo dei ricercatori è stato proprio quello di mettere a punto un saggio che fosse facilmente utilizzabile nei principali centri clinici, che fosse rapido e poco costoso. Tutto il lavoro infatti si basa sulla tecnologia di sequenziamento a bassa profondità del DNA (dall’inglese Shallow Whole Genome Sequencing) che intercetta solo le macroscopiche alterazioni cromosomiche, tipiche del DNA del tumore ovarico.

 

Quali passi futuri?

Il lavoro si basa su una coorte molto piccola di pazienti ed è retrospettivo. Prima di poter entrare nella pratica clinica è necessario attivare tutta una serie di protocolli clinici che in modo prospettico valutino la riproducibilità e affidabilità del metodo. Sono già stati attivate collaborazioni in questo senso per attivare questi studi prospettici su coorti molto più ampie di pazienti.

 

Sergio Marchini
Dipartimento di Oncologia
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

 

Per saperne di più

Paracchini L. Beltrame L, Grassi T, Inglesi A, Fruscio R, Landoni F, Ippolito D, delle Marchette M,Paderno M, Adorni M, Jaconi M, Romualdi C, D’Incalci M, Siravegna G, Marchini S. Genome-wide copy number alterations in circulating tumor DNA as a novel biomarker in high grade serous ovarian cancer patients. Clin Cancer Res. 15 2020, doi: 10.1158/1078-0432.CCR-20-3345.

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