L’avvento dei farmaci biologici – farmaci che contengono uno o più principi attivi prodotti o estratti da un sistema biologico, come ormoni, vaccini e anticorpi monoclonali – ha portato grandi miglioramenti nel trattamento di alcune patologie, tra cui quelle immunologiche come l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica e alcuni tipi di tumori. È importante evidenziare come l’elevato costo di questi farmaci possa gravare sul Servizio Sanitario Nazionale di un paese, e in alcuni casi direttamente sui pazienti stessi, determinando quindi un limite all’accesso a queste cure nei paesi a basso e medio reddito. Tuttavia, alla scadenza del brevetto di questi farmaci – dopo venti anni dalla loro messa in commercio – tutte le conoscenze relative agli stessi diventano di dominio pubblico, e per questo è possibile che vengano prodotti dei farmaci cosiddetti biosimilari.

I farmaci biosimilari

Un farmaco biosimilare è un farmaco simile per caratteristiche biologiche al farmaco biologico originario, detto anche di riferimento, e per cui sono stati comprovati simili livelli di qualità, sicurezza ed efficacia. La messa in commercio di questo tipo di farmaci è strettamente regolata dalle varie autorità competenti (European Medicines Agency – EMA, Food and Drug Adminostration – FDA e Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA) e promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).  L’elevata disponibilità di alternative biosimilari a farmaci biologici è ad oggi molto importante in quanto offre un’alternativa valida e allo stesso tempo più economica per il trattamento di patologie croniche.

Il cambio da originario a biosimilare

Il cambio da un farmaco originario ad un suo biosimilare, o il cambiamento tra biosimilari, è quindi un argomento molto importante al giorno d’oggi, perché consente di mantenere un alto valore terapeutico pur riducendo la spesa. Ciononostante, non pochi sono stati nel tempo i dubbi e le preoccupazioni di medici e pazienti in relazione al passaggio da un originario ad un suo biosimilare, o tra biosimilari, in termini di raggiungimento del risultato clinico ottimale. Pertanto, diversi studi clinici randomizzati, analisi di dati “real-world” (dati collezionati durante la quotidiana pratica clinica) e revisioni sistematiche della letteratura sono stati condotti per valutare non solo qualità, sicurezza ed efficacia di queste alternative terapeutiche, ma anche la potenziale immunogenicità (capacità di indurre una risposta immunitaria) e il rischio di effetti avversi.

Una recente revisione della letteratura

A tal proposito, risulta interessante un lavoro dell’Istituto Mario Negri di Milano, che revisiona una serie di studi su patologie infiammatorie croniche in cui è stato promosso il cambiamento tra un farmaco originatore e un suo biosimilare o cambiamenti multipli tra biosimilari, valutando i profili di sicurezza ed efficacia di queste pratiche, oltre che l’eventuale immunogenicità dovuta dal cambiamento del farmaco. Nello specifico, questo lavoro ha analizzato un totale di 19 studi, di cui:

  • uno studio in cui si comparava il cambiamento di più biosimilari con il mantenimento dello stesso biosimilare in una coorte storica
  • dieci studi di coorte in cui si confrontava il cambiamento tra due biosimilari, da originatore a biosimilare e cambiamenti multipli
  • otto studi di coorte a braccio singolo, cioè senza un gruppo di controllo, in cui i pazienti cambiavano terapia con biosimilari e si valutavano i risultati clinici prima e dopo il cambiamento

In tutti questi casi, e con tutte queste combinazioni di cambiamento tra originatori e biosimilari, tra due biosimilari e scambi multipli, si osservano i medesimi profili di sicurezza ed efficacia analizzati in termini di attività di malattia, tasso di remissione, mancanza di risposta al farmaco, presenza di eventi avversi e insorgenza di immunogenicità.

In conclusione

Verosimilmente, questi risultati possono essere validi anche per altre patologie, ma c’è comunque bisogno di studi che lo comprovino. Tuttavia, è molto importante puntare, quando possibile, sull’impiego dei biosimilari in quanto offrono una valida alternativa per pazienti cronici in trattamento con farmaci biologici. Inoltre è molto importante che vi sia una corretta informazione sul tema sia tra i medici, che devono di fatto decidere quale terapia sia la migliore per i propri pazienti, che tra i pazienti stessi, i quali possono accettare con sospetto il passaggio da un originatore a un biosimilare e sviluppare reazioni avverse dovute all’effetto nocebo – percezione negativa del paziente in relazione al cambiamento di terapia.

È importante quindi che il tema del cambio tra farmaco originatore e biosimilare, e cambi multipli tra biosimilari, venga trattato in maniera appropriata e che ci sia una seria e corretta informazione tra medici e pazienti, non solo perché ci non ci sono sostanziali cambiamenti in termini di trattamento, ma soprattutto perché con l’introduzione di alternative terapeutiche si assiste ad una riduzione dei prezzi dei farmaci originari, portando quindi ad una maggiore accessibilità a questo tipo di terapie.

 

Pasquale Paletta

Ricercatore, Laboratorio di Ricerca per il Coinvolgimento dei Cittadini in Sanità

Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

 

Per saperne di più

Allocati E, Godman B, Gobbi M, Garattini S, Banzi R. Switching Among Biosimilars: A Review of Clinical Evidence. Front Pharmacol. 2022 Aug 24;13:917814. doi: 10.3389/fphar.2022.917814.

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