In questo articolo si vuole affrontare un argomento che potrebbe essere considerato spiacevole e forse macabro, ma che dal punto di vista scientifico può avere un grande rilevanza per la terapia e la cura dei pazienti.

La maggior parte degli studi fatti in questi anni per sviluppare una medicina di precisione si è focalizzata principalmente sulle caratteristiche biologiche della malattia all’esordio, cioè quando questa non è mai stata trattata con radio o chemioterapia. L’assunto di partenza è che la fotografia molecolare fatta in sede ovarica fosse rappresentativa di tutte le altre sedi metastatiche, e che si conservasse immutata nel tempo. Purtroppo questo paradigma oggi non è più valido in quanto a causa della marcata instabilità genomica che caratterizza i tumori, e in particolar modo i tumori sierosi ad alto grado dell’ovaio (HGSOC – High-Grade Serous Ovarian Carcinoma), le caratteristiche molecolari cambiano nel tempo rendendo la malattia completamente diversa sul piano molecolare rispetto a quella inziale. Questo vuol dire che non possiamo usare la fotografia molecolare fatta all’esordio per sviluppare una terapia di precisione e trattare la malattia che ha recidivato.

Sicuramente la biopsia liquida, come più volte sostenuto, rappresenta un valido strumento per seguire e tracciare nel tempo l’evoluzione della malattia, ma non ci può aiutare a rispondere ad una domanda, cioè quali siano le caratteristiche della malattia terminale, quella che purtroppo rende la paziente resistente ad ogni trattamento.

Nell’ultimo numero della rivista Nature Genetics viene riportato uno studio molto interessante in cui sono state studiate, attraverso approcci molecolari diversi, le biopsie post mortem di 15 donne affette da tumore sieroso ad alto grado dell’ovaio. Questo studio conferma come la malattia terminale sia caratterizzata da una enorme quantità di cellule resistenti, con molteplici meccanismi per cui qualsiasi trattamento risulta inefficace dal punto di vista terapeutico. Migliorare la comprensione dei meccanismi di resistenza è quindi fondamentale per migliorare l’approccio terapeutico dei tumori sierosi ad alto grado dell’ovaio.

Cosa è la warm autopsy?

Con il termine “warm autopsy” o “autopsia rapida” si intende la possibilità di prelevare nelle ore immediatamente successive alla morte del paziente i campioni bioptici in modo da preservare l’integrità del campione biologico e procedere con un materiale idoneo a fare gli studi molecolari multidisciplinari. Questo tipo di approccio consente quindi di fare una fotografia molecolare di ogni singola lesione metastatica alla fine della storia clinica del paziente, fornendo così una visione senza precedenti dei meccanismi di resistenza al trattamento. Gli studi autoptici forniscono un’opportunità unica per valutare la modalità di resistenza in un paziente e osservare lo spettro dei meccanismi di resistenza presenti all’interno di un individuo. Questi studi sono logisticamente impegnativi, richiedono una rapida raccolta di campioni dopo la morte, collaborazione in diverse discipline mediche e scientifiche nonché il supporto dei pazienti e dei loro familiari.

Cosa dice il lavoro scientifico?

Gli studi sui meccanismi di resistenza attraverso l’approccio della warm autopsy non sono nuovi nella ricerca scientifica, ma sono sempre stati limitati a un piccolo numero di pazienti e non è mai stato valutato a fondo quanto i diversi meccanismi di resistenza coesistessero in un singolo paziente. In questo numero di Nature Genetics, Burdett e colleghi hanno utilizzato una serie di tecniche di profilazione molecolare, di immunofluorescenza e proteomica basata sulla spettrometria di massa quantitativa su 391 lesioni raccolte da 15 pazienti con tumori ovarici caratterizzati da difetti ricombinazione omologa (HR – Homologous Recombination) alla fine del loro lungo percorso terapeutico. L’obiettivo dello studio è quello di definire quali e quanti meccanismi di resistenza coesistono all’interno di ogni singola paziente e soprattutto in ogni lesione, per capire quali opzioni terapeutiche avrebbero potuto migliorare o allungare la loro vita. In linea con quanto ipotizzato, la resistenza al trattamento deriva dall’eterogeneità del tumore, in cui le cellule resistenti emergono in seguito al trattamento o tramite l’acquisizione di nuove mutazioni di resistenza indotte dalla pressione selettiva del trattamento stesso. In breve, tutte le pazienti hanno mostrato caratteristiche di resistenza molto diverse tra di loro con un quadro molecolare molto frammentato e disomogeneo. Se si prendono in esame le diverse metastasi di ogni singola paziente, il quadro è ancora più sconcertante: ogni singola lesione ha caratteristiche policlonali, cioè porta in sé una collezione ampia di meccanismi di resistenza che crea una vera e propria barriera difensiva, uno scudo, a qualsiasi approccio terapeutico ad oggi noto.

Conclusioni

Questa profonda diversità nei meccanismi di resistenza all’interno delle singole pazienti e tra pazienti diverse suggerisce che il trattamento del carcinoma ovarico allo stadio terminale con intento curativo è probabilmente impossibile con l’attuale armamentario terapeutico disponibile. Nei prossimi anni la ricerca scientifica dovrà sempre di più concentrarsi sulla necessità di migliorare la diagnosi precoce della malattia, riconoscendo le prime fasi di sviluppo della neoplasia, quando il tumore non è eterogeneo né geneticamente instabile e quindi con bassa probabilità che siano presenti cellule resistenti. Sfortunatamente, la maggior parte delle pazienti con tumore sieroso ad alto grado dell’ovaio è ancora oggi diagnosticata solo in una fase avanzata della malattia a causa della mancanza di sintomi specifici e, come evidenzia questo studio, è verosimile che alla diagnosi il tumore fosse già caratterizzato dalla presenza di pochi e piccoli cloni cellulari resistenti alla terapia, che poi hanno semplicemente avuto la possibilità di crescere e svilupparsi durante il trattamento.

Sergio Marchini

Head, Molecular Pharmacology Lab

IRCCS, Humanitas Research Hospital, Milano

 

Per saperne di più:

Burdett NL, Willis MO, Alsop K, et al. Multiomic analysis of homologous recombination-deficient end-stage high-grade serous ovarian cancer. Nat Genet. 2023;55(3):437-450. doi:10.1038/s41588-023-01320-2

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