“L’essenziale è invisibile agli occhi”… quante volte abbiamo sentito citare questo frase e forse non avremmo mai pensato che questo passo dal libro “Il Piccolo Principe” ci potesse aiutare anche a comprendere i misteri della biologia molecolare e in particolar modo delle cellule tumorali.

In questo sito più volte è stato affrontato il discorso delle “firme molecolari” e di come le conoscenze sui livelli di espressione dei geni e di riflesso dei loro prodotti, cioè le proteine, siano importanti per migliorare la terapia e la cura dei tumori, in particolar modo dei tumori ovarici. Un dato che spesso viene trascuratoè che i geni non  costituiscono la parte principale del DNA contenuto nel nucleo della cellula. Il progetto Genoma, cioè il progetto che circa 17 anni fa ha portato al completamento della sequenza dell’interno DNA umano, ha dimostrato una cosa incredibile: i 22000 geni che fanno le proteine (detto “DNA codificante”) costituiscono solo il 2% dell’interno DNA (detto in gergo “genoma”)contenuto nel nucleo della cellula. E la domanda che  ancora e’in gran parte senza risposta è: ma il restante 98% del DNA che non codifica per le proteine,  che cosa fa?

Per molto tempo questo “DNA non codificante” è stato considerato come  “DNA spazzatura” cioè un DNA senza alcuna funzione probabilmente residuo della evoluzione e che oramai serve come una sorta di impalcatura su cui il “DNA codificante” si organizza e si struttura per funzionare. Questa idea e’ stata oggi completamente abbandonata grazie anche all’ evoluzione della tecnologia che ha permesso di studiare meglio questa regione inesplorata del genoma umano.
Le nuove tecnologie hanno permesso di capire che il “DNA spazzatura”, non è inerte ma anzi è fondamentale per poter far funzionare la cellula. Il“DNA non codificante”è essenziale per regolare l’espressione dei geni e coordinarli tra di loro. Il “DNA non codificante” non è quindi “DNA spazzatura”ma  una vera e propria centrale di controllo, senza la quale il “DNA codificante” non è in grado di svolgere in modo corretto la propria funzione. Ci sono almeno due diversi livelli di difficoltà che hanno reso complicato  studiare il “DNA non codificante” e di comprenderne a pieno il ruolo nella cellula. Il primo livello è che  la funzione  del “DNA non codificante” può essere studiata solo in modo indiretto, cioè va letta e interpretata alla luce della regolazione della funzione del “DNA codificante”. Il secondo livello è che il “DNA non codificante” è costituito da una classe molto eterogenea di molecole, diverse fra loro per forma e funzione. I microRNA (noti più comunemente come miRNA) sono stati tra le prime molecole di “DNA non codificante” ad essere stati caratterizzati. Una nuova classe di molecole di RNA non codificanti è rappresentata dai lunghi RNA non codificanti, detti comunemente lncRNA (dall’inglese, “long non coding RNA”).

Uno studio pubblicato recentemente dal Dipartimento di Oncologia dell’IRCCS Istituto Mario Negri di Milano ha chiarito un ruolo chiave di alcuni di questi lncRNA nella prognosi del tumore ovarico allo stadio I. Lo stadio I è una patologia con una prognosi favorevole nell’80% dei casi ma – per motivi ancora poco noti – una quota di pazienti recidiva dopo la terapia e la recidiva si accompagna sempre ad una prognosi infausta per la paziente.
Studi condotti in passato hanno messo in luce come esistano delle firme molecolare di miRNA che contraddistinguono fin dall’inizio quelle pazienti che non avranno una prognosi sfavorevole rispetto a quelle con prognosi favorevole. Nell’ultimo numero  della rivista americana Clincal Cancer Reserch è stato pubblicato un lavoro in cui sono stati identificati tre lncRNA i cui livelli di espressione sono diversi nelle pazienti con buona prognosi  rispetto a quelle con cattiva prognosi. Non siamo ancora in grado di capire nel dettaglio la funzione di queste molecole e che cosa facciano nella biologia della cellula tumorale, ma la loro diversa espressione, insieme a quella dei miRNA precedentemente identificati,  è in grado di alterare la regolazione della proliferazione cellulare e dei segnali di crescita all’interno della cellula. L’idea generale è che la biologia molecolare delle pazienti con diagnosi di stadio I sia molto diversa fin dall’inizio, e questo sia in grado di condizionare il decorso clinico della malattia e quindi la sua prognosi.

Altri studi sono ancora necessari per poter chiarire meglio la funzione degli lncRNA e cercare di tradurre queste informazioni nella pratica clinica, ma e’ certo che questi studi apriranno nuove strade e nuovi orizzonti per  migliorare la terapia e la cura dei tumori epiteliali maligni dell’ovaio.

Sergio Marchini
Dipartimento di Oncologia
IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri

Per saperne di piu:
“lncRNAs as Novel Indicators of Patients’ Prognosis in Stage I Epithelial Ovarian Cancer: A Retrospective and Multicentric Study”. Martini P, Paracchini L, Caratti G, Mello-Grand M, Fruscio R, Beltrame L, Calura E, Sales G, Ravaggi A, Bignotti E, Odicino FE, Sartori E, Perego P, Katsaros D, Craparotta I, Chiorino G, Cagnin S, Mannarino L, Ceppi L, Mangioni C, Ghimenti C, D’Incalci M, Marchini S, Romualdi C.ClinCancer Res. 2017 May 1;23(9):2356-2366.

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