Il tumore cervicale causa circa 300.000 decessi all’anno in tutto il mondo, di cui circa 26.000 solo in Europa nel 2020. Tra le misure preventive atte a ridurre la mortalità di questo tumore figurano il vaccino contro HPV (Human Papilloma Virus) e lo screening. Tuttavia, non solo c’è una importante variazione della copertura vaccinale e dello screening tra i vari paesi europei – dovuta a politiche e servizi sanitari diversi –, ma anche all’interno dello stesso paese ci possono essere delle notevoli differenze di copertura tra le donne dei ceti sociali medio-alti e quelle appartenenti a gruppi marginalizzati o vulnerabili. Solo alcuni paesi dell’Europa Nord-Occidentale hanno, infatti, delle politiche atte a estendere la copertura sanitaria anche a donne appartenenti a gruppi vulnerabili, e comprendere quali siano le barriere per questa estensione a livello locale è estremamente importante per una sanità che sia più equa e accessibile.

 

Donne in condizioni di vulnerabilità e barriere per lo screening del tumore cervicale

In una recente revisione della letteratura, Greenley e colleghi hanno evidenziato che generalmente le donne più vulnerabili vengono identificate tra quelle appartenenti a minoranze etniche e migranti, ma anche donne che vivono una condizione di abuso di sostanze o che hanno subito violenza sessuale. Da questo lavoro emergono inoltre tre tipologie di barriere che, generalmente, sono presenti per questo gruppo di donne:

  1. barriere finanziarie e sfiducia nei confronti del servizio sanitario,
  2. mancanza di informazioni sul tumore cervicale, sul ruolo dello screening e sul follow-up,
  3. mancanza di consapevolezza sul tumore cervicale, sul ruolo dello screening, paura e scarsa attenzione alla prevenzione.

 

Uno studio in sette paesi europei

Come è ormai ben noto, le disuguaglianze svantaggiano sistematicamente le persone che sono già svantaggiate (in termini di salute e non solo). È pertanto fondamentale dare voce a queste persone al fine di mettere sui tavoli di discussione anche il loro punto di vista e consentire loro di essere rappresentate. Proprio con tale scopo nasce lo studio di Bøje e colleghi, in cui si esplorano i punti di vista non solo delle donne in condizioni di vulnerabilità, ma anche degli operatori sanitari e dei decisori politici. Insomma, di tutte le persone che sono coinvolte nel complesso sistema dello screening per il tumore cervicale. Lo studio è stato condotto in Bulgaria, Danimarca, Estonia, Francia, Italia, Portogallo e Romania.

Per ognuno di questi paesi sono stati creati dei gruppi di lavoro in cui tutti gli stakeholder (cioè tutti gli interessati al tema) potessero confrontarsi, in riunioni dalla durata di due ore, sul tema dello screening del tumore cervicale e far emergere le principali disuguaglianze nonché le barriere per usufruire al meglio di questo servizio. In ultima analisi, lo studio si propone anche di effettuare un confronto tra paesi, considerando che hanno situazioni socioeconomiche, epidemiologia del tumore cervicale e approcci preventivi molto diversi tra loro.

 

Risultati

A questo studio hanno partecipato un totale di 120 persone, divise tra 39 donne in condizioni di vulnerabilità, 63 operatori sanitari e 18 decisori politici. Tre livelli di barriere sono stati complessivamente individuati.

  • A livello individuale, le donne in condizioni di vulnerabilità hanno espresso vergogna, paura e stigma, oltre che mancanza di conoscenza dello screening e scarsa alfabetizzazione sanitaria; problemi logistici sono altrettanto presenti, come la mancanza di tempo o il dover accudire i figli, insieme a problemi di natura economica e di assicurazione sanitaria.
  • A livello degli operatori sanitari sono emersi insufficiente coinvolgimento dei medici e scarsa capacità relazionale con popolazioni vulnerabili, ma anche mancanza di risorse e di formazione e difficoltà nel comunicare i risultati e le implicazioni dello screening.
  • A livello dei decisori politici sono emerse la mancanza di programmi di screening organizzati a livello nazionale, registri di screening inadeguati, problemi di monitoraggio dovuti a screening condotti solo su parte della popolazione oppure in forma privata, e bassa priorità nei confronti della medicina preventiva.

Tuttavia, un’analisi più approfondita ha portato a individuare due macro gruppi di paesi in cui vi era una comunanza delle barriere espresse. Nello specifico, il primo gruppo – comprendente Danimarca, Estonia, Francia, Italia e Portogallo – condivideva percezioni simili principalmente sulle difficoltà di accesso allo screening, sulle insufficienti competenze culturali e relazionali degli operatori e sull’insufficiente alfabetizzazione sanitaria delle donne vulnerabili. Il secondo gruppo invece – Bulgaria e Romania – condivideva principalmente la mancanza o l’insufficiente organizzazione dello screening, la mancanza di un registro di popolazione collegato al registro di screening, la mancanza di medici nelle aree più periferiche, sfiducia nei confronti dei medici per via dei loro conflitti d’interesse con l’industria farmaceutica, nonché importanti barriere finanziarie.

In tutti i paesi considerati, la principale barriera rimane il sentimento di vergogna dovuto a norme e credenze culturali o religiose, soprattutto per via dell’esposizione delle parti intime a operatori sanitari dell’altro sesso e dell’associazione dello screening con un’attività sessuale. Generalmente, la vergogna si associava allo stigma di dover esporre la propria condizione di vita e una cattiva igiene agli operatori sanitari. È emersa anche una tendenza a ignorare i sintomi ed evitare di entrare in contatto con il servizio sanitario, nonché la presenza di altre priorità nella vita di queste donne che spesso si trovano a dover anteporre la loro stessa sopravvivenza alla prevenzione.

 

Conclusioni

Nonostante una base comune condivisa dagli stakeholder intervistati in questo studio, emerge con chiarezza una serie di bisogni sulla base del paese di provenienza. Per migliorare l’accesso allo screening per tumore cervicale nei paesi del primo gruppo bisogna migliorare le competenze culturali e relazionali degli operatori sanitari e imparare a mettere i bisogni delle pazienti al centro – cosa che richiede un importante cambio di paradigma in dei servizi sanitari così ben consolidati. Per i paesi del secondo gruppo invece è urgente risolvere il problema della mancanza di registri di popolazione funzionanti e di collegamenti con i registri di screening, che impediscono di fatto l’invio di inviti mirati alle donne, aumentare la presenza di personale sanitario (soprattutto nelle aree più periferiche), abbattere le barriere finanziarie – che creano una grossa discriminazione tra donne appartenenti a ceto sociale medio-alto e basso – insieme all’assenza di un’assicurazione sanitaria universale.

Infine, questo studio dimostra quanto sia importante e necessario integrare le prospettive e i punti di vista di tutte le persone coinvolte in un processo complesso, come può essere la programmazione e l’esecuzione di uno screening oncologico, e come con l’approccio da loro proposto sia possibile studiare e comprendere meglio un fenomeno nonché gettare le basi per poter ideare nuove strategie per abbattere le barriere che vanno a limitare il diritto alla salute di una parte della popolazione, quella più fragile e vulnerabile.

 

 

Pasquale Paletta

Ricercatore, Laboratorio di Ricerca per il Coinvolgimento dei Cittadini in Sanità

Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

 

 

Per saperne di più:

  • Greenley R, Bell S, Rigby S, et al. Factors influencing the participation of groups identified as underserved in cervical cancer screening in Europe: a scoping review of the literature. Front Public Health. 2023;11:1144674. Published 2023 May 25. doi:10.3389/fpubh.2023.1144674.
  • Bøje RB, Bardou M, Mensah K, et al. What are the barriers towards cervical cancer screening for vulnerable women? A qualitative comparative analysis of stakeholder perspectives in seven European countries. BMJ Open. 2024;14(5):e079921. Published 2024 May 17. doi:10.1136/bmjopen-2023-079921

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