La scienza, nel senso più esteso del termine, è di fatto l’insieme di più conoscenze e metodi che, se applicati con rigore, portano a risultati positivi o negativi.
Con l’avanzare delle scoperte è sempre più richiesto agli esperti dei vari settori di collaborare attivamente tra loro in un’ottica di multidisciplinarietà sviluppando, talvolta anche in prima persona, competenze trasversali che mettano in comunicazione mondi apparentemente distanti. Troviamo perciò medici- giornalisti, psicologi clinici, biostatistici, ingegneri clinici o bioingegneri.

Vedendolo dall’esterno, è spesso difficile comprendere a pieno in cosa consista il loro lavoro e quale sia oggi il valore aggiunto dell’essere “multi-tasking”, ovvero del saper fare o conoscere più cose diverse allo stesso tempo.

Per capire meglio cosa significhi essere un ingegnere biomedico che lavora nel campo dell’oncologia, sono state rivolte alcune domande a Laura Mannarino, giovane ricercatrice dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano.

Raccontaci un po’ di te… “Ho quasi 28 anni e una laurea in ingegneria biomedica al Politecnico di Milano. Grazie a una piacevole casualità ho avuto modo di seguire un percorso di formazione qui in Istituto durante i due anni di magistrale in attesa di preparare la tesi finale di laurea. Questa opportunità mi ha permesso di entrare maggiormente in contatto con un ambito che già da piccola mi incuriosiva, ovvero quello dell’oncologia, e di capire che sì, poteva essere la strada giusta per me. Questa convinzione è maturata anche attraverso la preparazione della tesi vera e propria al Dipartimento di Oncologia. Sembrava fosse fatta per me! Ho continuato poi il mio programma di formazione grazie a una borsa di studio regionale e adesso ho iniziato il PhD”.

Ingegnere biomedico o bioingegnere, di cosa si tratta precisamente? “La figura dell’ingegnere biomedico può essere declinato in diverse forme e, nel mio caso, si parla di bioinformatico. Il mio lavoro consiste principalmente nell’applicare algoritmi, codici o modelli matematici alla biologia per ottenere risultati rilevanti e di interesse biologico”.

Informatica, matematica e biologia sembrerebbero mondi abbastanza diversi tra loro, come è possibile allora conciliarli così bene? “È fondamentale metterli in comunicazione. La sfida maggiore che mi trovo ad affrontare è farmi capire da persone con una formazione prettamente biologica e, viceversa, capire io stessa cosa vogliono dirmi. Nonostante abbia trovato pareri discordanti, secondo me biologia e informatica, o matematica in generale, sono due facce della stessa medaglia, strettamente legate fra loro. Ai nostri giorni, con le nuove tecnologie, non solo è impensabile pensarle separate ma anche bisogna tenere presente come sia importante non impiegare l’informatica a scatola chiusa. Va da sé dunque che l’ingegnere debba esser in grado di dialogare con gli altri membri della squadra imparando il linguaggio della biologia. Personalmente sono partita con un bagaglio di conoscenze biologiche relativamente ridotto, diciamo scolastico, ma proprio nell’ottica di poter relazionarmi con i colleghi, sfrutto ogni giorno per incrementarlo”.

Quali sono le principali difficoltà che stai incontrando? “Sono legate soprattutto all’aspetto burocratico. Operando nel mondo oncologico, molto spesso i bandi per nuovi progetti, per borse di studio o per presentazioni a convegni sono riservati a lauree diverse dalla mia, biologia, medicina o farmacia ad esempio. Molto spesso poi gli ingegneri sono “etichettati”come tali, nel senso che si pensa che viaggino per conto loro. È difficile a volte far capire che in realtà io sono “dentro” a ciò che facendo, lo capisco veramente e sono coinvolta al pari di un biologo a tutti gli effetti. Come ultimo aspetto c’è quello dei compromessi. Ho scelto questo percorso, forse più faticoso e meno gratificante dal punto di vista economico, rifiutando di entrare nel mondo delle aziende o accettando altre opportunità lavorative ma devo dire che per ora ne sono soddisfatta. Ho trovato fin da subito un ambiente accogliente e stimolante che mi sta permettendo di imparare cose nuove ogni giorno, oltre che di mettermi alla prova in prima linea, adesso con un progetto tutto mio”.

Nonostante i vari ostacoli, cosa ti spinge a continuare per questa strada tutta in salita? “Sicuramente la passione per quello che faccio, la curiosità e il desiderio di dare un mio contributo.”

Progetti per il futuro? “Finire il percorso di dottorato appena iniziato e poi si vedrà. Mi piacerebbe continuare su questa strada arrivando un giorno a ricoprire ruoli di responsabilità”.

Volendo concludere con una frase citata dalla stessa Laura: “Fa’ il lavoro che ti piace e non lavorerai un solo giorno nella tua vita”.

Silvia Radrezza
Laboratorio di ricerca sul coinvolgimento dei cittadini in sanità
Dipartimento di Salute Pubblica
IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri

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