Il 2018 è stato indubbiamente un anno importante per la terapia del tumore ovarico e, come già sottolineato in altri precedenti articoli di questo sito, si è finalmente assistito ad un cambio di marcia nella terapia. Tutto questo non solo perché si è diffuso sempre di più l’utilizzo della nuova classe di molecole note come PARP-inibitori (PARPi) ma anche perché sono stati sperimentati con successo nuovi schemi terapeutici.

Ancora una volta, questo vantaggio è stato possibile grazie ai risultati ottenuti in uno studio clinico controllato, multicentrico, che è ancora oggi l’unico modo sicuro e universalmente accettato per dimostrare il vantaggio terapeutico di un farmaco o di una nuova molecola con potenzialità terapeutiche. Nello scorso mese di ottobre sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista americana New England Journal of Medicine i risultati dello studio SOLO 1.

Quali gli obiettivi dello studio?

Lo studio clinico internazionale aveva lo scopo di dimostrare i benefici in termini di aumentato tempo di sopravvivenza (nota come PFS Progression Free Survival, cioè il tempo libero da malattia) dell’introduzione in prima linea dei PARPi come terapia di mantenimento per le pazienti con diagnosi di tumore ovarico. Lo studio includeva solo pazienti con mutazione germinale nei geni BRCA1 o BRCA2, o in entrambi i geni.

Quali le principali novità dello studio?

Rispetto agli studi precedenti nello studio SOLO1 l’utilizzo dei PARPi viene introdotto in prima linea, come terapia di mantenimento. Utilizzare un farmaco già in prima linea vuol dire dare una maggior possibilità alle pazienti di rispondere per più tempo alla terapia così da riuscire ad essere curate o comunque di poter convivere per molto più tempo con la malattia. La terapia standard utilizzata è sempre stata quella di un approccio chirurgico seguito da un protocollo terapeutico basato sull’utilizzo del carboplatino e taxolo. Negli ultimi anni è stato aggiunto anche di un farmaco anti-angiogenico come il bevacizumab. In questo studio, finita la terapia con carboplatino e taxolo alle pazienti veniva somministrata una terapia con due compresse giornaliere di PARPi, che può essere presa comodamente a casa propria dalla paziente, senza nessuna ospedalizzazione.

Quali i risultati?

Lo studio in doppio cieco è stato fatto confrontando la PFS delle pazienti che dopo carboplatino e taxolo ricevevano il PARPi, rispetto a quelli che dopo la terapia non ricevevano nulla (braccio controllo, placebo). I dati analizzati in modo indipendente da due diversi gruppi di analisi, hanno dimostrato il chiaro vantaggio in termini di sopravvivenza delle pazienti che ricevevano il farmaco rispetto a quelle che non lo ricevevano. In breve, dopo 41 mesi di osservazione (circa 3 anni e mezzo), le pazienti che ricevevano due compresse giornaliere di PARPi avevano un rischio di recidivare più basso del 70% rispetto a quello che ricevevano il placebo. Un’analisi dettagliata delle curve di sopravvivenza (dette curve di Kaplan Meier) ha evidenziato che solo il 20% delle pazienti del braccio controllo erano libere da malattia contro il 60% di quelle in terapia con PARPi.

Quali effetti collaterali?

Gli effetti collaterali di una somministrazione prolungata del farmaco in prima linea era confrontabili con quelli classici già riscontrati con l’uso di queste molecole. In breve, cambiare il protocollo terapeutico non aveva aumentavo i rischi per la salute delle pazienti, ma anzi migliorava moltissimo i loro benefici terapeutici.

Questi vantaggi sono solo per le pazienti con sindromi eredo famigliari legati alla mutazione di BRCA1/2?

Lo studio è stato condotto solo ed esclusivamente su pazienti con mutazioni germinale nei geni BRCA1 e BRCA2. Ricordiamo però i risultati clinici con altri farmaci della stessa classe, condotti su pazienti che non avevano mutazioni germinali in BRCA1 e BRCA2 ma solo mutazioni somatiche, cioè solo del tumore. Questi studi erano fatti non in prima linea, ma sulla malattia che aveva recidivato.

E’ verosimile che nel prossimo futuro il protocollo dello studio SOLO1 possa essere applicato in prima linea anche a pazienti con mutazioni somatiche e non solo a quelle con mutazioni germinali. Ma prima di fare questo, bisogna aspettare i risultati di uno studio clinico controllato che dimostri che anche in prima linea le pazienti con mutazioni somatiche di BRCA1 e BRCA2 possono beneficiare di una terapia di mantenimento con PARPi.

Purtroppo si conosce ancora poco oggi della biologia molecolare dei tumori ovarici e quanto la loro eterogeneità possa influenzare la diagnosi e condizionare la terapia. I risultati dello studio SOLO1 rinforzano l’importanza di conoscere fin dall’esordio almeno lo stato mutazionale, sia somatico che germinale, dei geni BRCA1 e BRCA2. E’ importante ottimizzare tutte le risorse disponibili e sfruttare le conoscenze sulla biologia dei tumori ovarici per poter ottimizzare l’impiego di quei pochi strumenti terapeutici a nostra disposizione. Medici, genetisti, anatomo-patologi e biologi sono oggi chiamati ad una integrazione virtuosa delle loro professionalità così da garantire alle pazienti il miglior protocollo di cura.

Autore:
Sergio Marchini
Dipartimento di OncologiaIstituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

Per saperne di più
Moore, N Colombo, G Scambi et al. Maintenance olaparib in patients with newly diagnosed advanced ovarian cancer. New England J of Medicine 2018. DOI: 10.1056/NEJMoa1810858

 

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