La chemioterapia intraperitoneale ipertermica (tradotta nel mondo anglosassone come HIPEC, Hypertermic intraperitoneal Chemotherapy) é un protocollo per la somministrazione ad alte temperature di agenti chemioterapici direttamente nell’addome della paziente. Questo tipo di chemioterapia viene proposto generalmente dopo la chirurgia citoriduttiva nel trattamento del tumore ovarico.

Il razionale è rappresentato dal fatto che, in caso di malattia in stadio avanzato con diffusione a livello peritoneale, è difficile eradicare completamente la malattia (quello che viene definito “tumore residuo 0) per cui viene proposta la chemioterapia adiuvante in genere a base di derivati del Platino combinati con il Taxolo. Tuttavia, anche nel caso in cui il trattamento risulti avere successo, le pazienti vanno incontro ad un alto tasso di recidiva, circa del 70% in 5 anni. Dunque l’aggiunta di ulteriore chemioterapia intraperitoneale nasce con l’intento di migliorare la sopravvivenza di questo gruppo di pazienti.

Un po’ di storia

Il primo studio clinico sperimentale risale al 2006: il GOG (Gynecological Oncology Group) 172. In questo studio sono state incluse 415 pazienti affette da tumore ovarico in stadio III che sono state sottoposte a chirurgia citoriduttiva con un tumore residuo di circa 1 cm. Nonostante la presenza di complicanze e di un basso indice di compliance delle pazienti, il trattamento con HIPEC ha dimostrato risultati positivi, con una sopravvivenza media di 65 mesi vs i 49 mesi del gruppo controllo.

Tuttavia, altri studi clinici eseguiti successivamente, riguardanti sia pazienti con carcinoma ovarico in prima linea o in recidiva sia pazienti con altri tipi di tumori, hanno dimostrato risultati talvolta in contrasto, senza apparente aumento della sopravvivenza legata all’utilizzo della HIPEC.

Nell’aprile 2018 la European Society of Medical Oncology e la European Society of Ginecological Oncology (ESMO-ESGO) hanno decretato che la HIPEC non è da considerarsi un trattamento standard per il trattamento del tumore dell’ovaio.

Razionale di trattamento: quando viene utilizzata

Attualmente la HIPEC viene utilizzata per il trattamento del carcinoma ovarico avanzato ma anche in altri tipi di tumore – come il sarcoma uterino, il carcinoma del colon retto, il carcinoma gastrico, il masotelioma e il pseudomixoma peritonei. La chemioterapia intrapritoneqle viene utilizzata sia direttamente dopo la chirurgia di debulking, prima della chemioterapia endovenosa convenzionale, sia dopo chirurgia e chemioterapia endovenosa. I chemioterapici utilizzati variano notevolmente in base alla tipologia di malattia e alla storia clinica della paziente, comprendendo derivati del Platino, Taxolo, Doxorubicina, Melphalan. La chemiotarapia viene somministrata direttamente nella cavità addominale della paziente, la cui temperatura viene mantenuta a circa 37°-43°. La somministrazione avviene in sala operatoria sotto stretta sorveglianza medica e il numero di cicli come anche la distanza fra un ciclo e l’altro dipendono dal farmaco utilizzato.

Questa strategia ha due risvolti positivi: da un lato la somministrazione intraperitoneale è più efficace della somministrazione endovenosa perché a contatto diretto con le lesioni peritoneali; dall’altro lato l’alta temperatura ha di per sé un effetto antiproliferativo e può potenziare l’effetto dei farmaci antitumorali. Questo effetto è stato verificato fino a una profondità di 3-5 mm, per cui ha senso proporre questo trattamento dopo la chirurgia citoriduttiva.

Bisogna tuttavia segnalare che non esiste un protocollo standardizzato, per cui i parametri di temperatura, velocità e metodo di perfusione, intervallo dalla chirurgia ecc. variano fra i differenti Centri.

Quali sono i possibili effetti avversi

Analizzando la letteratura, emerge che la frequenza di complicanze gravi è inferiore al 30% e, per fortuna, la morte della paziente si verifica in un numero molto piccolo di casi. Questi dati sono sovrapponibili alla frequenza di complicanze legate alla chirurgia citoriduttiva.

Le complicanze più frequenti sono legate all’effetto antiproliferativo dei chemioterapici sulle cellule non solo tumorali ma in parte anche sane, con ridotta capacità di cicatrizzazione. Principalmente sono rappresentate da: riapertura delle suture chirurgiche, sanguinamento post-operatorio e perforazione intestinale. Ovviamente questi effetti si sommano ai normali effetti avversi legati all’utilizzo dei diversi agenti chemioterapici.

Conclusione

La HIPEC pur avendo dimostrato risultati positivi, sebbene non univoci, in termini di sopravvivenza deve essere proposta in Centri specializzati e in pazienti correttamente informate e considerate adatte a sopportare questo tipo di trattamento.

 

Giulia Parpinel e Maria Elena Laudani

Università degli Studi di Torino,

Scuola di Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia,

Dipartimento di Scienze Chirurgiche

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