Il carcinoma endometriale rappresenta il tumore ginecologico più diffuso il cui trattamento principale è essenzialmente quello chirurgico seguito o meno da una terapia neoadiuvante. Ad oggi la chirurgia standard nel carcinoma endometriale in stadio I è rappresentato dall’isterectomia extrafasciale, annessiectomia bilaterale con o senza linfoadenectomia. La chirurgia di questo tipo di tumore è in continua evoluzione: basti pensare all’avvento del linfonodo sentinella che negli stadi iniziali di malattia ha soppiantato la linfoadenectomia pelvica e/o lomboaortica a scopo stadiativo. Le vie di accesso chirurgico sono principalmente quattro:

  • Laparotomica
  • Laparoscopica con o senza assistenza vaginale
  • Vaginale con o senza assistenza laparoscopica (relativamente in disuso dopo l’avvento della laparoscopia, può essere riservata a pazienti unfit con malattia definita a “basso rischio”)
  • Robotica

Nell’ultimo ventennio la chirurgia mini-invasiva ha ampiamente soppiantato l’approccio laparotomico per il trattamento del carcinoma endometriale “early” portando a chiari benefici in termini di mortalità, morbilità e ripresa postoperatoria. Due studi fondamentali per l’evoluzione di questo tipo di chirurgia sono stati lo studio LAP2 e lo studio LACE; in particolare è stato dimostrato che nonostante tempi operatori mediamente più lunghi rispetto all’approccio laparotomico, l’approccio laparoscopico è associato a morbilità postoperatoria ridotta, tempi di ricovero più brevi e un’appropriatezza stadiativa sovrapponibile. Tuttavia, sia lo studio LAP2 che il LACE non sono riusciti a dimostrare la non inferiorità dell’approccio laparoscopico rispetto a quello laparotomico in termini di sopravvivenza libera da malattia (RFS). Nonostante questi risultati, la differenza stimata tra i due gruppi era solamente dell’1,14%, si è concluso che l’approccio laparoscopico può rappresentare una valida alternativa al classico approccio “open”. La pubblicazione di questi risultati fortemente incoraggianti, insieme allo sviluppo tecnologico degli ultimi anni con la diffusione della chirurgia robotica, ha quindi portato molti chirurghi a considerare l’approccio robotico come un’evoluzione di quello laparoscopico con risultati equivalenti.

In questo contesto la chirurgia mini-invasiva robot assistita (RA-MIS) ha trovato ampio spazio in quanto offre dei vantaggi rispetto alla classica chirurgia laparoscopica tra i quali una visione binoculare e maggiori gradi di libertà di rotazione con lo svantaggio però di essere sensibilmente più costosa e di richiedere tempi operatori mediamente più lunghi.

Un gruppo di lavoro dell’università del Minnesota negli Stati Uniti è andata quindi a confrontare i risultati chirurgici a breve, medio e lungo termine nelle pazienti affette da carcinoma endometriale in stadio I trattate con chirurgia laparoscopica e robotica. I risultati emersi sono stati inaspettati. In questo studio, condotto su 1.142 pazienti, seppur in generale con una buona prognosi, è emerso come chi era stato sottoposto a chirurgia robot-assistita fosse andata più spesso incontro a recidiva di malattia (HR 1,41, 95% IC 1,12-1,77). Inoltre, tra le pazienti andate incontro a recidiva, il gruppo della chirurgia robotica aveva un tempo di ricorrenza inferiore rispetto al gruppo di controllo, rispettivamente 16,3 mesi e  28,7 mesi nei due gruppi (p=0.07) (1).

Questi risultati piuttosto controversi sulla chirurgia robot-assistita non sono confermati però da altri studi, che invece indicano la chirurgia robot-assistita come valida alternativa alla chirurgia open e laparoscopica. In particolare, Kakkos e colleghi in uno studio pubblicato nel 2021 si concentrano sui benefici di questo tipo di chirurgia; nelle pazienti con diagnosi di carcinoma endometriale in stadio iniziale trattate in centri specializzati nella chirurgia mini-invasiva le complicanze peri e post operatorie sono basse e sovrapponibili agli altri approcci con tassi di conversione laparotomica trascurabili. Inoltre, in questo studio questi benefici sono risultati ancora più significativi nel sottogruppo delle pazienti “fragili” quali le pazienti più anziane e/o con un BMI superiore a 35  (2).

La chirurgia in questo tipo di pazienti con malattia definita a basso rischio, rappresenta un momento fondamentale del trattamento oncologico. Il tipo di approccio sarà quindi da adeguare sulla base delle caratteristiche e delle comorbilità della paziente, andando verso una maggiore personalizzazione del trattamento, fermo restando che l’evoluzione tecnologica e i risultati degli studi in corso sono in continua evoluzione.

Maria Elena Laudani e Giulia Parpinel

Università degli Studi di Torino,

Scuola di Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia,

Dipartimento di Scienze Chirurgiche

Per saperne di più

  1. Argenta, P. A. et al. Robot-assisted versus laparoscopic minimally invasive surgery for the treatment of stage I endometrial cancer. Gynecol. Oncol. 2022. doi:10.1016/j.ygyno.2022.03.007.
  2. Kakkos, A. et al. Robot-assisted surgery for women with endometrial cancer: Surgical and oncologic outcomes within a Belgium gynaecological oncology group cohort. Eur. J. Surg. Oncol. 2021; 47: 1117–1123.

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