L’anno si è aperto con la discussione (non una novità) sulla cancerogenicità dell’alcol, con molta attenzione, in Italia così come in Europa, sul vino. Il dibattito è, come spesso succede, confuso e confondente. Molte notizie vengono riprese e circolano sui social media.
Qui di seguito un intervento su Facebook di Pier Luigi Lopalco, epidemiologo che chiarisce in modo diretto tre punti importanti della discussione.
Evidenze scientifiche, comunicazione scientifica e politica sanitaria
Il recente dibattito sulla cancerogenicità dell’alcol – e di tutti i prodotti che lo contengono – merita una seria riflessione. La riflessione è sulla terribile confusione di prerogative e competenze causata dalla caciara mediatica a cui siamo ormai dolorosamente abituati. Provo a mettere ordine. Cerco di farlo sempre, essendo una mente semplice.
Evidenze scientifiche
L’alcol è una sostanza cancerogena, per la quale non esiste una dose sicura di assunzione. Il rischio, ovviamente, aumenta con l’aumentare della dose e va a sommarsi al rischio determinato da altre sostanze: fumo, sostanze chimiche ambientali, altri cancerogeni presenti negli alimenti, ecc. Se mi si chiede: quanto alcol posso assumere per essere sicuro che non sia dannoso per la mia salute? la risposta comunque sarà: zero.
Comunicazione scientifica
Spetta agli esperti di comunicazione scientifica spiegare al cittadino cosa significhi questa evidenza scientifica. Per esempio spiegando che i tumori, come tutte le malattie cronico-degenerative, riconoscono cause multiple. Quindi il fatto di ammalarsi è il risultato del concorso di tante cause che, sommate fra di loro, alla fine determinano la malattia.
Politica sanitaria
È infine compito di chi prende decisioni di politica sanitaria fare sintesi e mettere in pratica azioni che hanno come fine ultimo quello di migliorare la salute pubblica. Le valutazioni da fare in questa direzione sono complesse: quanti sono i casi di tumore attribuibili al consumo di alcol? E quanti di questi lo sono per un consumo moderato, quale un bicchiere di vino a pasto? La scienza ci dice che al consumo di alcol sono da attribuire il 4% di tutti i casi di cancro. Ma solo il 14% di questi sono legati ad un consumo moderato. Parliamo dello 0,6% dei casi totali.
Cosa fare dunque? Io penso che qualsiasi decisione di politica sanitaria vada contestualizzata e armonizzata in modo da promuovere uno stile di vita complessivamente sano. Il buon senso, come al solito, dovrebbe prevalere. Il consumo di salumi e carne rossa è certamente associato ad un rischio aumentato di cancro all’intestino. Servirebbe alla salute pubblica mettere una etichetta col teschio sulla bistecca alla fiorentina o sul prosciutto di Parma?
La Redazione
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