Il tumore alla cervice uterina è il quarto più diagnosticato al mondo, nonché la quarta causa di decesso per tumore nelle donne, contando 604.000 nuovi casi e 342.000 decessi nel 2020. Sia l’incidenza sia la mortalità di questa forma di tumore variano a seconda dell’area geografica, e la maggior parte dei casi si registra nelle regioni del mondo meno sviluppate.

Cosa si sa del tumore alla cervice uterina?

Dal punto di vista istologico, i due tipi di tumore alla cervice più invasivi sono l’adenocarcinoma e il carcinoma a cellule squamose, ed entrambi condividono diversi fattori di rischio, tra cui il più frequente è l’infezione da papillomavirus umano (HPV, Human PapillomaVirus). Attualmente sono state identificate circa 15 varianti oncogenetiche di questo virus, di cui HPV-16 e HPV-18 sono le più prevalenti, causando circa il 70% di tutti i casi di tumori alla cervice. Proprio per questo, dal 2009 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato l’inclusione della vaccinazione contro l’HPV per le bambine tra i 9 e i 14 anni nei piani nazionali di immunizzazione. Tuttavia, considerando che gli attuali vaccini non proteggono contro tutte le varianti per HPV ad alto rischio, la vaccinazione deve essere considerata come una parte dell’approccio preventivo, insieme alla prevenzione secondaria che si basa sullo screening di cellule cervicali anomale e di lesioni precancerose. Ciononostante, è ormai noto che le infezioni da HPV sono necessarie ma non sufficienti a causare l’insorgenza del tumore alla cervice, per cui intervengono ulteriori fattori di rischio. Tra questi figurano l’uso di contraccettivi orali, condizioni di immunosoppressione, infezioni da altre malattie sessualmente trasmissibili, malnutrizione e fumo di tabacco. Quest’ultimo, nello specifico, è stato dimostrato essere responsabile del circa 90% dei casi di carcinoma a cellule squamose – con un rischio doppio di sviluppare questa patologia in donne HPV-positive fumatrici rispetto a donne HPV-positive non fumatrici. È anche nota un’associazione tra l’intensità del fumo di sigaretta e l’insorgenza di carcinoma a cellule squamose, mentre non sono chiare le correlazioni con l’insorgenza della patologia e la durata dell’attività di fumare nonché con il tempo trascorso da quando si smette di fumare.

Uno studio italiano

Per chiarire questi aspetti, i ricercatori dell’ISPRO di Firenze, dell’Università degli Studi di Firenze e dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano hanno condotto una revisione sistematica e una meta-analisi della letteratura scientifica disponibile su questo argomento. Sono stati considerati in totale 109 studi, di cui 83 studi casi-controllo e 26 studi di coorte, che si occupassero solo di tumore alla cervice uterina e che considerassero solo il fumo di tabacco. Le analisi sono state condotte su campioni di donne fumatrici o ex fumatrici in confronto a donne che non avevano mai fumato.

Quali sono i risultati?

Questo studio ha confermato una associazione significativa tra il fumo di tabacco e il rischio di sviluppare carcinoma a cellule squamose, sia nella sua forma invasiva sia sotto forma di lesioni precancerose. Nello specifico, il rischio è rispettivamente del 70% e del 13% maggiore nelle fumatrici ed ex fumatrici rispetto alle donne che non hanno mai fumato per lo sviluppo del tumore, e del 111% e del 29% per lo sviluppo di lesioni precancerose. Ciò che è molto interessante è che questa associazione risulta essere indipendente rispetto ad altri fattori di rischio come l’infezione da HPV. Considerando o meno questo fattore non cambiano il senso positivo né l’entità dell’associazione, confermando che il fumo di tabacco è un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di tumore alla cervice uterina per donne HPV-positive e può addirittura supportare l’ipotesi che il fumo faciliti l’acquisizione o la persistenza del virus. Inoltre, questo studio si è concentrato anche su donne tabagiste: coloro che fumano qualche sigaretta al giorno o pochi pacchetti all’anno. Anche in questi casi si è riscontrato un rischio di sviluppo della malattia e di lesioni precancerose alto. Nello specifico, il rischio di sviluppare lesioni precancerose aumenta rapidamente dopo alcuni anni dall’inizio del fumo di sigaretta, mentre lo sviluppo del tumore ha un andamento più lineare nel tempo. Per contro, il rischio di sviluppare il tumore e/o lesioni ad esso associate diminuisce linearmente nel tempo quando si smette di fumare, raggiungendo in 15 anni i livelli di rischio di donne che non hanno mai fumato.

Cosa poter fare allora?

Se si lascia parlare i numeri, emerge che il rischio di sviluppare un carcinoma della cervice uterina a cellule squamose raddoppia considerando il fumo di 20 sigarette al giorno o 15 pacchetti all’anno, mentre con 9 sigarette al giorno o 8 pacchetti all’anno il rischio raddoppia per lo sviluppo di lesioni precancerose. Cosa fare allora? Considerando che il fumo di tabacco risulta ormai essere un fattore indipendente e che addirittura potrebbe facilitare l’infezione da HPV, le cose da fare sono due: aderire alle campagne vaccinali e di screening di lesioni precancerose e smettere di fumare.

Ancora meglio sarebbe non iniziare proprio, e con questo scopo l’Istituto Mario Negri IRCCS promuove l’iniziativa dei cittadini europei “Sign for your kids’ health – First European tobacco free generation”, per tutelare le nuove generazioni dalla dipendenza dal tabacco, contrastare con decisione i danni ambientali causati dai mozziconi di sigaretta e lottare contro il fumo in generale. A questo link è possibile avere maggiori informazioni e firmare per questa ambiziosa iniziativa, la cui compilazione richiede solo un minuto: https://eci.ec.europa.eu/029/public/#/screen/home

Pasquale Paletta

Ricercatore, Laboratorio di Ricerca per il Coinvolgimento dei Cittadini in Sanità

Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

 

Per saperne di più:

Malevolti MC, Lugo A, Scala M, Gallus S, Gorini G, Lachi A, Carreras G. Dose-risk relationships between cigarette smoking and cervical cancer: a systematic review and meta-analysis. Eur J Cancer Prev. 2023 Mar 1;32(2):171-183. doi: 10.1097/CEJ.0000000000000773.

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