È possibile per i cittadini contribuire al progresso scientifico senza impegnarsi direttamente in attività di ricerca o divulgazione? La risposta è: sì, condividendo i propri dati clinici e sanitari.

Cosa sono i dati clinici e sanitari?

Ognuno di noi ha, nell’arco della propria vita, “prodotto” dei dati clinici o sanitari. Basti pensare a delle semplici analisi del sangue, vaccinazioni, esami come risonanze magnetiche o ecografie, o anche interventi chirurgici. Tutte le informazioni che vengono prodotte in questi casi sono poi registrate e conservate in grosse banche dati, che possono essere di dominio statale (Ministero della Salute) o di gruppi di esperti che collaborano con le Istituzioni per analizzare i dati e fornire un riscontro ai cittadini. Per farsi un’idea di quanti dati ci siano a disposizione basti pensare che il Servizio Sanitario Nazionale è attivo – e pertanto raccoglie dati – da 43 anni!

Cosa si fa con questi dati?

Una volta prodotti, questi dati sono ovviamente messi a disposizione del singolo cittadino, e saranno indispensabili per aiutarlo a conoscere il proprio stato di salute, parlare con il proprio medico di fiducia nonché decidere di fare analisi più precise e specialistiche nel caso in cui fosse necessario. Oltre a questo uso strettamente personale, i dati clinici e sanitari vengono poco utilizzati. Se i dati disponibili venissero condivisi di più tra i vari settori della sanità e della ricerca sarebbe possibile effettuare degli importanti passi avanti in termini di salute pubblica, sicurezza dei pazienti, sviluppo di nuovi trattamenti e progettualità per nuove ricerche. Tuttavia, nonostante i benefici che si prospettano dalla condivisione di questi dati, diverse sono le barriere che rendono difficile questo processo. Tra queste, le più frequenti sono:

  • la stringente normativa sulla proprietà e sulla condivisione di dati di terze parti (il famoso GDPR europeo), legata alla sacrosanta necessità di proteggere la privacy delle persone a cui i dati appartengono;
  • l’utilizzo improprio e le conseguenti analisi scorrette dei dati;
  • le barriere tecniche che scaturiscono dalla condivisione e dall’analisi di dati appartenenti a banche dati diverse e poco omogenee;
  • la possibile re-identificazione della persona a cui i dati appartengono e conseguente violazione della privacy.

Nonostante queste difficoltà oggettive, i ricercatori riconoscono sempre di più i potenziali benefici che deriverebbero dalla condivisione di dati clinici e sanitari nei vari stadi della ricerca.

Condivisione dei dati in oncologia

Questa attività di condivisione dei dati risulta essere particolarmente importante in ricerca clinica, e nello specifico nella ricerca contro il cancro, in cui la necessità di virare sempre più verso una medicina di precisione, o personalizzata, porta ad avere delle coorti di studio sempre più piccole e per cui la raccolta dei dati diventa sempre più difficile su larga scala. A livello internazionale, numerose sono le iniziative lanciate in tal senso a livello statale (Cancer Biomedical Informatics Grid – caBIG americano, il National Patient-Centered Clinical Research Network – PCORnet americano, o la UK Biobank inglese) e accademico (informatics for integrating biology and the bedside – i2b2 americano). Tuttavia, questo tipo di iniziative necessita di un grande sforzo non solo per superare le barriere sopramenzionate, ma anche perché bisogna studiare e decidere in maniera preliminare quali debbano essere gli obiettivi comuni di ricercatori operanti in campi diversi, con background diversi e che “parlano lingue diverse”.

Qual è la situazione in Italia?

In Italia si parla poco di questo importante argomento, e poche sono le iniziative di condivisione dei dati in ambito sanitario che sono state messe a punto. Tra queste figura l’iniziativa del gruppo GiViTI (Gruppo italiano per la Valutazione degli interventi di Terapia Intensiva), che è una associazione non a scopo di lucro che mira a realizzare una rete collaborativa nell’ambito delle terapie intensive.

Qual è l’opinione pubblica al riguardo? Aiutaci a capirlo partecipando all’indagine!

Dal momento che i dati in questione sono “prodotti” e di proprietà di ogni singolo individuo, è indispensabile per la comunità scientifica conoscere quali siano le opinioni dei cittadini al riguardo. Proprio recentemente il gruppo GiViTI insieme al Laboratorio di Ricerca per il Coinvolgimento dei Cittadini in Sanità – entrambi parte del Dipartimento di Epidemiologia Medica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS – hanno lanciato un questionario rivolto a tutti i cittadini e le cittadine italiane per conoscere quale sia l’opinione pubblica sul tema della condivisione di dati clinici e sanitari con finalità di ricerca per la salute pubblica.

Il questionario è compilabile al link https://opinionibanchedati.marionegri.it/ e sarà un primo passo per definire la percezione di un fenomeno che interessa cittadini e cittadine sempre più da vicino, oltre che un punto di partenza per definire l’agenda del piano di ricerca dei prossimi anni.

 

Pasquale Paletta

Ricercatore, Laboratorio di Ricerca per il Coinvolgimento dei Cittadini in Sanità

Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

 

Per saperne di più:

Institute of Medicine (US). Sharing Clinical Research Data: Workshop Summary. Washington (DC): National Academies Press (US); March 29, 2013.

London JW. Cancer Research Data-Sharing Networks. JCO Clin Cancer Inform. 2018;2:1-3. doi:10.1200/CCI.17.00145.

Helzlsouer KJ, Reedy J. Data Sharing for the Public Good. J Natl Cancer Inst. 2020;112(9):867-868. doi:10.1093/jnci/djz242.

https://giviti.marionegri.it/.

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