Il carcinoma ovarico ha caratteristiche cliniche e biologiche uniche, con risposte molto eterogenee alla terapia standard neo-adiuvante (NeoAdjuvant ChemoTherapy – NACT). È oggi opinione comune che un fattore molto importante che condiziona la risposta alla terapia sia la composizione e l’evoluzione della parte non epiteliale che circonda le cellule tumorali, detta microambiente tumorale (Tumor MicroEnvironment – TME). Sono pochi a oggi gli studi che, partendo da campioni collezionati all’interno di un trial clinico, hanno fornito una profonda comprensione del microambiente tumorale nel carcinoma ovarico epiteliale e di come questo evolva durante la chemioterapia. È il caso di un lavoro recentemente pubblicato sulla rivista scientifica americana Clinical Cancer Research, in cui si analizza l’effetto sul microambiente tumorale dell’aggiunta del bevacizumab (un noto farmaco anti-angiogenico) alla NACT. Lo studio è stato condotto analizzando campioni tumorali prelevati da 23 pazienti (10 nel braccio dello studio e 13 nel braccio di controllo) con carcinoma ovarico epiteliale avanzato, arruolate all’interno del trial clinico GEICO 1205/NOVA.

Perché è importante il microambiente tumorale?

Quando si parla di carcinoma ovarico epiteliale si considera una serie molto eterogenea di patologie con caratteristiche cliniche, istologiche e biologiche uniche. Questa eterogeneità è uno dei principali fattori che influenza negativamente la risposta terapeutica. La risposta/resistenza alla terapia dipende infatti da meccanismi diversi, tra cui l’attivazione di vie induttive di resistenza, il potenziamento della staminalità delle cellule tumorali e le alterazioni all’interno del microambiente tumorale. Tra tutti i sottotipi di carcinoma ovarico epiteliale, il carcinoma ovarico sieroso ad alto grado (High-Grade Serous Ovarian Cancer – HGSOC) è caratterizzato da un microambiente tumorale notevolmente eterogeneo, con aree più ricche di linfociti infiltranti il tumore mentre in altre aree questi linfociti sono più scarsi. In generale, il carcinoma ovarico sieroso ad alto grado è considerato un tumore non infiammato (nessun linfocita infiltrante il tumore nello stroma o nel tumore) o a esclusione immunitaria (l’infiltrazione delle cellule T è confinata solo allo stroma). È importante comprendere i meccanismi molecolari che guidano l’ingresso delle cellule immunitarie all’interno del tumore o che ne ostacolano la colonizzazione, al fine di migliorare la citotossicità delle cellule tumorali combinando strategicamente e sequenzialmente chemioterapia, terapia mirata e immunoterapia.

Lo studio clinico

Il trial clinico GEICO 1205/NOVA, un trial clinico di fase II condotto su 68 pazienti, ha dimostrato che l’aggiunta del bevacizumab alla chemioterapia standard a base di platino non migliora la risposta macroscopica completa dopo la chirurgia o la durata del periodo di sopravvivenza libero da malattia. Tuttavia, nonostante questi esiti sfavorevoli, i dati traslazionali hanno invece fornito una panoramica dettagliata e in tempo reale della composizione del microambiente tumorale nelle pazienti trattate con NACT, aprendo la strada per terapie combinate che potrebbero migliorare i risultati nel futuro.

Lo studio traslazionale

Sono state eseguite immuno-colorazioni e immunofluorescenze per diversi marcatori delle linee linfoidi e mieloidi prima della NACT e al momento della chirurgia separando le varie componenti del tumore, cioè quella epiteliale e quella stromale. I campioni di tessuto provenivano da siti primari o metastatici (omento/peritoneo).

I dati immuno-istochimici e immunofluorescenti hanno rivelato un cambiamento significativo di alcune popolazioni linfocitarie (T CD8+, T CD4+) nella componente stromale del tumore ma non in quella epiteliale. Questi cambiamenti sono stati associati negativamente alla sopravvivenza libera da progressione, in linea con evidenze precedenti sul ruolo delle cellule T CD8+ nel modulare la funzione stromale, influenzando la progressione tumorale e la risposta terapeutica. Queste cellule potrebbero essere un elemento chiave nello sviluppo della chemioresistenza.

Conclusione

La complessità intrinseca del tumore ovarico e l’eterogeneità delle sue caratteristiche cliniche e biologiche impone una visione a 360 gradi dei fattori che regolano l’interazione del tumore con suo microambiente circostante e che possono modulare la risposta alla terapia. Questa conoscenza ha oggi un ruolo chiave per migliorare i protocolli terapeutici soprattutto dopo l’introduzione della immunoterapia, il cui utilizzo deve ancora essere integrato correttamente negli attuali protocolli terapeutici per il carcinoma ovarico sieroso ad alto grado, per poter sfruttare a pieno le sue potenzialità citotossiche.

 

Sergio Marchini

Head, Molecular Pharmacology Lab

IRCCS, Humanitas Research Hospital, Milano

 

Per saperne di più:

Tavira B, Iscar T, Manso L, et al. Analysis of tumor microenvironment changes after neoadjuvant chemotherapy with or without bevacizumab in advanced ovarian cancer (GEICO-89T/MINOVA study). Clin Cancer Res. Published online August 1, 2023. doi:10.1158/1078-0432.CCR-23-0771

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