Gennaio è il mese della prevenzione del tumore al collo dell’utero, pratica fondamentale e sulla quale la sensibilizzazione diventa sempre più importante. I programmi di prevenzione del tumore al collo dell’utero di basano sostanzialmente sulla vaccinazione contro il papilloma virus (human papillomavirus – HPV) e su due test di screening: il Pap test, che valuta alterazioni morfologiche del tessuto uterino, e l’HPV test, che valuta invece la presenza dell’infezione da HPV.

Il tumore al collo dell’utero

Il tumore al collo dell’utero è il quarto più frequente nelle donne a livello globale, con più di 600.00 nuovi casi e più di 340.000 decessi nel 2020, di cui la maggior parte si registra in paesi a basso reddito soprattutto per via della mancanza di programmi di screening strutturati. Aumentare la copertura dello screening, infatti, è fondamentale per renderlo uno strumento di prevenzione più efficace. Una delle strategie che è stata sperimentata negli ultimi anni per aumentare la copertura dello screening è quella di effettuare dei test contro l’HPV per cui i campioni vengono auto-raccolti dalle donne e inviati ai loro centri specialistici di riferimento, dove verranno poi analizzati. Questa strategia si basa sulla dimostrata equivalenza di efficacia tra il test tradizionale effettuato dal medico e quello auto somministrato. Le aspettative nei confronti di questo “auto campionamento” sono molto alte, infatti l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) mira a raggiungere, a livello globale pensando in primis ai paesi a basso reddito, una copertura del 70% dello screening per il tumore al collo dell’utero entro il 2030.

Alcune esperienze di questa strategia

Sebbene alcuni Paesi, come Olanda e Australia, abbiano già adottato questa nuova strategia nel proprio piano nazionale per lo screening, altri invece, come Stati Uniti e Italia, stanno cercando di capire se e come questo approccio possa funzionare.

Un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of the American Medical Association riporta uno studio clinico randomizzato in cui sono state coinvolte 31.355 persone tra i 30 e i 64 anni e stratificate sulla base della loro storia di screening in: aderenti al piano di screening (13.069), in ritardo sul piano di screening (8.311) e senza informazioni sulla storia di screening (9.975). Questi tre bracci di studio sono stati a loro volta stratificati, randomizzando le donne affinché:

  • ricevessero solo la chiamata dal proprio medico per effettuare lo screening,
  • ricevessero anche materiale informativo sull’HPV test,
  • ricevessero anche materiale informativo insieme al kit di auto-raccolta del campione da inviare al centro,
  • ricevessero anche materiale informativo e venissero avvisate della possibilità di ricevere il kit per l’auto-raccolta.

Da questo studio è emerso che nel primo braccio (aderenti al piano di screening), coloro che hanno ricevuto il kit a casa hanno mostrato un’aderenza allo screening maggiore del 14% rispetto a chi aveva ricevuto solo il materiale informativo, mentre nel secondo braccio (in ritardo sul piano di screening) questo aumento è salito fino al 16,9%. È stata così dimostrata l’efficacia di questa strategia nell’aumentare la copertura dello screening in un contesto sanitario americano.

Uno studio clinico randomizzato italiano ha dimostrato l’accettazione di questa strategia in Italia, seppur coinvolgendo un campione di dimensioni minori. In questo studio sono state infatti reclutate 500 donne tra i 31 e i 66 anni che, su base volontaria, hanno confermato di voler ricevere a casa il kit per l’auto-raccolta del campione. Questo studio ha anche ottenuto il più alto – rispetto agli altri lavori in questo ambito – tasso di risposta di campioni auto-raccolti e spediti al centro clinico per l’analisi del DNA dell’HPV, con 400 campioni ottenuti su 500 inviti con un tasso di risposta dell’80%. Da questo studio, infine, 34 donne sono risultate positive all’HPV test, le quali sono state ricontattate per una visita specialistica e un adeguato follow-up. Infine, insieme al kit per l’auto-raccolta veniva spedito alle donne anche un breve questionario di apprezzamento, in cui si chiedeva una valutazione da 1 a 10 sulla procedura offerta, sulla difficoltà dell’auto-raccolta e sulla difficoltà dell’invio del campione. Il tasso di risposta al questionario è superiore al 91% con media delle risposte intorno al 9. Questo studio, seppur considerando una numerosità limitata e riferibile solo alla città di Trieste, ha dimostrato l’efficacia di questa strategia in Italia nell’aumentare l’aderenza allo screening per il tumore al collo dell’utero e può essere un buon esempio anche per altre realtà.

In conclusione

Da queste esperienze, si evince dunque che l’HPV test su campioni vaginali auto-raccolti a domicilio è un metodo efficace di screening primario per il tumore del collo dell’utero, ed è molto utile per reclutare donne non rispondenti o in ritardo sulla tabella di marcia dello screening. Lo screening dell’HPV basato sull’auto-raccolta potrebbe essere vantaggioso in quanto non richiede personale specializzato per la raccolta, semplificando così la raccolta stessa, la sua organizzazione e riducendone i costi. Questa strategia potrebbe raggiungere le donne che non accedono alla visita ginecologica per motivi di barriere culturali, religiose, psicologiche o altre barriere sociali, e garantisce il raggiungimento di prestazioni equivalenti rispetto al prelievo cervicale effettuato in ambulatorio. Infine, questo metodo potrebbe risultare di particolare interesse nell’era post-COVID-19 dove l’auto-raccolta potrebbe rappresentare un metodo tempestivo, accessibile, sicuro ed economico per sottoporre le donne a screening in modo efficiente, mantenendo la distanza sociale, nonché superare il problema dirimente dei ritardi nell’esecuzione del programma di screening dovuti a lunghissime code e lentezza della sanità pubblica.

 

Pasquale Paletta

Ricercatore, Laboratorio di Ricerca per il Coinvolgimento dei Cittadini in Sanità

Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

 

Per saperne di più:

Winer RL, Lin J, Anderson ML, et al. Strategies to Increase Cervical Cancer Screening With Mailed Human Papillomavirus Self-Sampling Kits: A Randomized Clinical Trial. JAMA. 2023;330(20):1971-1981. doi:10.1001/jama.2023.21471

Feltri G, Valenti G, Isidoro E, et al. Evaluation of self-sampling-based cervical cancer screening strategy using HPV Selfy CE-IVD test coupled with home-collection kit: a clinical study in Italy. Eur J Med Res. 2023;28(1):582. Published 2023 Dec 11. doi:10.1186/s40001-023-01263-8

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